Abbiamo visto e apprezzato il talentoso Giovanni Amura nella seguitissima serie tv ‘L’Amica Geniale‘, ispirata ai romanzi di Elena Ferrante. Un progetto televisivo di grande impatto emozionale, che ha saputo portare nel piccolo schermo i dolori e le sofferenze di un’epoca restata troppo spesso nella penombra.

Amura interpreta Stefano Carracci, e lo fa un modo assolutamente profondo. Stefano è “cattivo” dentro, ed è questo il primo pensiero che è spuntato nella nostra mente sin dalla prima puntata. La realtà sembra però essere un’altra: Stefano è solamente vittima di un sistema messo troppo spesso alla deriva, di una società sbagliata, di un mondo che non ha mai avuto il coraggio di andare per il verso giusto. Attorno a tutto questo, ruotano gli episodi de L’Amica Geniale, la cui terza stagione sarà trasmessa in tv l’8 febbraio 2022.

Abbiamo per questo incontrato Giovanni Amura, e gli abbiamo chiesto in primis come sia stato per lui interpretare quel ruolo. Ci ha risposto con la sua solita spontaneità, e ci ha fatto comprendere ancora di più quanto sia grande il suo talento ma soprattutto la sua umiltà.


Quando hai compreso che la recitazione sarebbe stata la strada giusta per te?

Innanzitutto, grazie davvero per l’intervista e grazie soprattutto per aver seguito la serie. L’ho capito semplicemente con l’età. Sin da bambino mi piaceva tantissimo fare le recite scolastiche (parlo addirittura della prima elementare). Per tutto il periodo delle elementari e delle medie speravo sempre nella parte migliore, quella più impegnativa. Ero appassionato di teatro, soprattutto del teatro di Eduardo De Filippo: ero in prima media quando ho deciso di collezionare tutti i VHS degli spettacoli di Eduardo, con annessi i copioni, che conservo ancora gelosamente. Dopo la terza media, in contemporanea con l’iscrizione alla scuola superiore, mi sono iscritto anche ad una scuola professionale di Teatro, “La Ribalta” a Castellammare di Stabia. Lì ho sicuramente capito che dietro questo mestiere c’è uno studio molto metodico connesso ad una profonda conoscenza di se stessi, della propria sensibilità. Non sapevo se sarebbe mai diventato un lavoro stabile (non lo è tutt’ora), ma sicuramente ho capito da allora, quindi dai sedici anni, che sarebbe stata la mia strada. Così ho continuato a studiare e lo faccio tutt’ora.

Ti ricordi come è stato il primo provino della tua vita?

Si, lo ricordo benissimo. Subito dopo essermi iscritto alla Ribalta, già dopo il primo anno, il Maestro, e la Direttrice della scuola mi proposero ai casting di comparse per serie Rai tipo “Un Posto al Sole” oppure “La Squadra”. E in effetti sono stati i miei primi lavori, come comparsa. Poi dopo un altro anno, durante il quale avevo fatto solo comparse e figurazioni, venni chiamato per un provino su parte per “La Squadra 8”. Il personaggio era un ragazzo che riapriva un caso di scomparsa: le mie scene erano con Toni Sperandeo, volto noto della serie. Diciamo che quello è stato il primo provino andato bene! Prima di quello ne avevo fatti altri, ma erano state delle interviste: i casting ti chiamavano e tu dovevi parlare di te davanti alla telecamera. Le sensazioni riguardo ai provini per me non sono mai cambiate. Sicuramente è cambiato il mio metodo di prepararli, ma è sempre un misto di ansia e voglia di fare.

Ti abbiamo apprezzato grazie al personaggio di Stefano Carracci per la nota serie tv “L’amica geniale”. Cosa ti ha lasciato questo ruolo e quanto c’è di Giovanni in lui?

Interpretare Stefano è stato al contempo difficilissimo ed emozionante. Il personaggio è scritto già magistralmente dalla Ferrante nei romanzi, il ché mi ha dato davvero tanto materiale di studio. La cosa più frustrante è stato sicuramente capire le sue ragioni, capire il perché dei suoi comportamenti. Questo significa fare uno studio approfondito sull’epoca, sulla mentalità del tempo, sulla pressione sociale e sulla mascolinità prepotente di quegli anni: iI padre padrone, l’uomo di casa ecc ecc. Sono distante anni luce da tutto ciò, il ché in parte rende difficile l’avvicinarsi al personaggio, ma ti da anche la possibilità di immergerti completamente in altro, distaccarti da te stesso e vedere quanto a fondo puoi studiare un altro essere umano. Infatti, di Giovanni in Stefano non c’è assolutamente nulla, forse solo la voglia di non fallire, che in lui si traduce però in violenza fisica pur di farcela. Stefano, fortunatamente, non mi ha lasciato nulla addosso, ma studiare Stefano si: mi ha dato la possibilità di fare questo mestiere come sempre andrebbe fatto. Mi ha fatto crescere moltissimo.

Come è stato recitare in una serie di così grande spessore e che ha ottenuto un grandissimo successo? Te lo saresti mai aspettato?

È stato davvero incredibile. Diciamo che te ne accorgi dopo, anche quando sono stato scelto per il ruolo. Te ne accorgi sempre dopo perché poi vieni catapultato nel lavoro e devi stare sempre sul pezzo, sempre attento. Noi ragazzi sapevamo della responsabilità che avevamo sulle spalle, portare sullo schermo i romanzi di Elena Ferrante, un successo globale. C’erano molte aspettative, e abbiamo cercato di fare del nostro meglio e anche di più. Una volta finito poi ti rendi conto del come e con chi hai lavorato! È tutt’oggi l’esperienza lavorativa più bella della mia vita. Ma penso che essendo anche la prima di questo spessore appunto, rimarrà sempre al primo posto.

Nel corso della seconda stagione mi ha colpito molto la tua interpretazione durante la violenza fatta (in modo così brutale) a Lila. Com’è stato immedesimarti in lui in quel momento?

Quella scena è descritta in maniera molto esplicita nel romanzo, e doveva essere ugualmente rappresentata nella serie. La scelta che è stata fatta la condivido appieno: quel momento segna una svolta nella vita di Lila, e soprattutto descrive con moltissima franchezza cosa accadeva alle donne di “proprietà” dei mariti in quegli anni. Come ho detto prima, dietro il personaggio c’è uno studio metodico e profondo e, dietro quella scena così complicata sia di profondità che di esecuzione, c’è, se possibile, ancora più studio e metodo. Girarla ci ha sicuramente svuotato tanto, ci ha stancato emotivamente. Ma ricordiamo sempre che il cinema è “finzione”, il montaggio rende tutto più reale, ma in realtà ogni movimento è studiato. Era una coreografia tra me e Gaia all’inizio e tra me e la sua controfigura dopo. Perché ovviamente Gaia è rimasta sul set per fare i suoi primi piani di quella scena dove, al di fuori della sua inquadratura, non succedeva niente. Ovvio che dover rifare per ore gli stessi movimenti e soprattutto rivivere quelle stesse emozioni più volte, mi ha tanto atterrito quella notte. Non mi ci sono immedesimato; in quella scena ho solo eseguito. Penso che nessuno potrebbe davvero immedesimarcisi. Poi la regia e il montaggio fanno tantissimo.

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Adesso passiamo alla terza stagione che verrà a breve trasmessa nel piccolo schermo. Ci sarà un cambiamento in Stefano? Cosa puoi dirci a riguardo?

Nella terza stagione c’è soprattutto un cambio d’epoca. Si racconta la fine degli anni Sessanta, l’inizio dei Settanta. Epoca di cambiamenti e rivoluzioni in tutto il paese. Ovviamente anche i personaggi attraverseranno questo cambiamento. Non posso dire molto, se non che Stefano ormai per Lila è anche un po’ acqua passata. Lei, alla fine della seconda stagione, è andata avanti e finalmente si è lasciata alle spalle quella vita che tanto l’ha atterrita e fatta soffrire.

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Ti va di parlarci del tuo futuro? Quali saranno i tuoi progetti dopo L’amica Geniale?

Sono molto scaramantico in realtà e finché non finisco un lavoro non lo divulgo! Però posso dirti che ho lavorato come Aiuto Regia ad un progetto di Eduardo Castaldo, il fotografo ufficiale della serie “L’amica geniale”. Un bellissimo corto che speriamo presto di portare ai Festival. Per il resto scrivo molto, mi tengo in allenamento, studio e con la mia Compagna (anche lei attrice) buttiamo giù qualche progettino tutto nostro.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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