Cortese ha visto il suo primo esordio nel piccolo schermo grazie alla prima edizione italiana di X-Factor, a cui ha partecipato nel lontano 2008 e ha vinto con la vocal band Aram Quartet. Da allora, il suo percorso artistico è sempre stato in ascesa e l’artista ha potuto vivere a pieno la propria musicalità. Con alle spalle numerose esperienze internazionali, ritorna oggi con un brano tutto nuovo: ‘Blues Bar‘ racconta l’importanza (e la necessità) dell’amore, che spesso ci porta però ad allontanarci e a vivere nuove dimensioni.


Come nasce il tuo primo approccio alla musica? Quando hai scoperto che hai scoperto la tua strada?

L’ho scoperto da piccolino: quando ero bambino amavo recitare. Io sono originario di Gallipoli e, da quello che ricordo io, era molto diversa come cittadina (era un paese di provincia). Inizialmente recitavo ma, nella prima adolescenza, ho iniziato a suonare, a cantare e a scrivere canzoni. Ho capito così che volevo fare quello: è iniziato tutto come una spensieratezza ma, con il trascorrere del tempo, quell’idea è cresciuta e maturata sempre di più ed è diventata lavoro. Non ho mai cambiato idea sulla musica.

Hai esordito nel mondo musicale grazie alla vittoria della prima edizione di X Factor. Cos’è cambiato da allora e come si è evoluta la tua musica?

Si è evoluta tanto: X Factor ha segnato un capitolo importante della mia vita. Da quel momento, ho iniziato a farlo in modo professionale (avevo 21 anni). È stato un capitolo. Ritengo però di aver vissuto la mia maturazione artistica dopo X Factor: durante il programma, mi vedevo infatti come una voce di una vocal band. Dopo quell’esperienza, ho invece avuto la possibilità di esprimermi come cantautore con le cose che scrivo, presentarmi da solo con la mia voce e raccontare davvero di me. Mi sono messo molto più a nudo, seppur quella esperienza mi ha dato grande visibilità. Se penso al passato, la mia crescita è stata enorme: quasi non mi riconosco, quando penso a quel periodo.

Parliamo del tuo ultimo singolo Blues Bar: come nasce l’idea per questo brano?

E’ una canzone d’amore: un po’ tutti i musicisti scelgono di parlare di amore. E’ la scelta più ovvia e poetica che un cantautore possa fare. Ma è anche la più difficile: a parlare di amore, sono stati anche i giganti della canzone d’autore italiana (come Lucio Dalla o Lucio Battisti), e non è quindi facile farlo in modo originale. Mi piacciono però queste sfide, mi piace vivere la vita in maniera profonda e mi piacere vivere l’amore (un sentimento che domina la vita di un essere umano). L’amore significa vivere esperienze fantastiche ma vivere anche sofferenze enormi e dolorose: il brano parla quindi di un amore in bilico, la voglia di stare insieme e la necessità di un distacco. L’ambientazione Blues Bar nasce da uno dei mei ricordi legati a un locale gallipolino che esiste realmente, e che ho frequentato durante l’adolescenza. Lì ho visto vivere e ho vissuto queste storie.

Il protagonista di questa canzone è senz’altro l’amore che inizia e poi termina. Cosa rappresenta per te l’amore?

Rappresenta il motore di questa vita terrena, il motivo principale per cui ci svegliamo la mattina e decidiamo di dare un senso alla nostra vita. La vita esiste perché esiste l’amore: è il sentimento più antico della storia.

Hai uno stile davvero molto originale e significativo. Cosa c’è dietro tutto questo? Come ti sei approcciato a questo genere musicale?

John Lennon, che ha influenzato molte persone, era stato a sua volta influenzato da Elvis Presley; ciascuno di noi ha delle influenze importanti. Sono cresciuto con Lucio Battisti (il mio cantautore preferito) e Ivan Graziani. La musica che ascolto attualmente è quella di Brunori Sas. Insomma, loro mi hanno emozionato, colpito e influenzato.

Hai all’attivo numerose esperienze musicali all’estero: hai infatti cantato a Buenos Aires, Cile e anche Sudafrica. Hai riscontrato delle differenze tra il mondo musicale italiano e quello internazionale?

Ho riscontrato delle differenze non di pubblico, ma di dinamiche legate allo show business. C’è un sistema meritocratico che l’Italia ha dimenticato da un po’ di anni. Con il pubblico ho riscontrato invece sin da subito una certa affinità, soprattutto quello sudamericano. Il pubblico è caloroso, affettuoso, attento, entusiasta, energico come mi è capitato di vedere anche su palcoscenici italiani. Questa cosa mi ha fatto sentire a mio agio quando mi sono trovato in altre parti del mondo. Ho provato un’emozione forte e una tensione emotiva forte che si è però sciolta quando ho visto il pubblico. Mi è sembrato subito familiare.

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Ci sono futuri progetti in ballo? Puoi anticiparci qualcosa?

Questo è il primo tassello di un progetto discografico: un viaggio che inizia con Blues Bar. A giugno ci sarà un secondo singolo, e stiamo preparando delle belle sorprese e un bel lavoro di comunicazione dal punto di vista anche grafico. La canzone lo merita tanto, e voglio che mi faccia da colonna sonora per l’estate. Entro fine anno, uscirà invece un terzo singolo e un EP. Dopodomani parto invece con dei live, e riprendo finalmente a suonare dal vivo.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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