sara ciafardoni libroSara Ciafardoni, La ragazza che scrive (foto gentilmente concessa dal suo Uff. Stampa) kosmomagazine.it

Sara Ciafardoni è giovanissima ma ha già l’anima di chi conosce il dolore, di chi l’ha vissuto sulla propria pelle e di chi l’ha affrontato.

Ha già tutto quello che serve per essere una donna che vince e una donna che crede in tutto ciò che sogna. Ce lo ha fatto comprendere nel suo nuovo libro La ragazza che scrive (Mondadori Electa Young), in cui si legge la storia di un’adolescente alle prese con le prime sofferenze ma da cui riesce ad uscirne proprio grazie all’unico mondo che ha sempre conosciuto: il potere delle parole. La giovane autrice si è così raccontata ai microfoni di Kosmo Magazine, e ha aperto le porte del suo cuore e della sua vita. Lo ha fatto in punta di piedi, proprio come fanno le persone speciali, e con la sua leggerezza ha dato uno degli insegnamenti più grandi che tutti noi – adulti e non – dovremmo apprendere: il coraggio di chi trova sempre la forza di andare avanti. E l’umiltà, che non deve mai mancare.


Sei giovanissima e hai raccontato spesso che la scrittura ha sempre fatto parte di te sin dalla tua nascita. Ricordi però un momento esatto in cui hai capito che la scrittura sarebbe stato il tuo futuro?

Io non penso che la scrittura sia il mio futuro ma credo che sia una cosa che mi faccia stare bene. Amo la scrittura e ho sempre visto in lei una fonte di salvezza, ancor prima di imparare a scrivere. Da piccola aprivo il mio libro e iniziavo a inventare delle storie; prima credevo che fosse imparare a leggere la cosa più importante. Poi ho capito che quelle storie erano la mia chiave del mondo, e ho iniziato così a scrivere delle mie storie.

Il tuo libro La ragazza che scrive parla di un’adolescente che soffre e che si rifugia tra le pagine dei libri. Quanto ti hanno salvato i libri nel tuo percorso di crescita e quanto ti hanno aiutato ad affrontare la malattia?

I libri mi hanno aiutato tantissimo, perché sono diventati il mio biglietto gratuito per andare a conoscere nuovi mondi. Che fossero fantastici o meno, mi hanno permesso di conoscere nuove realtà e nuovi amici. Quando ero ricoverata in ospedale e in reparti molto seri, come quello di neurochirurgia, ero sempre da sola e per me era un modo per avere amici. Per avere una vita.

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Sara Ciafardoni, La ragazza che scrive (foto gentilmente concessa dal suo Uff. Stampa) kosmomagazine.it

Quale pensi che sia il messaggio più forte che le tue pagine trasmettono ai lettori?

Credo che il messaggio più importante sia la vita stessa. Nel libro non c’è quella voglia di sorprendere il lettore, ma la voglia di far sì che le pagine possano abbracciarlo, trovando la parola di conforto nel momento giusto. Io spero veramente tanto che possa aiutare qualcuno. Il messaggio più grande è insomma quello di accettare le proprie insicurezze, non nasconderle, non metterci un velo ma cercare di mostrarle alla luce del Sole per comprenderle e per far sì che diventino i nostri punti di forza.

Sei molto attiva sui social, e la tua pagina è seguita da migliaia di persone. Ti saresti mai aspettata un riconoscimento così grande dal pubblico virtuale?

Ti racconto la verità di com’è nato questo progetto. Ero alle medie, l’ultimo anno, e la mia prof mi dice che una sua amica – dolcente anche lei – aveva aperto un blog creativo dove spiegava i lavoretti per i ragazzi. Io amavo fare le cose per mano, e lei mi consigliò di aprirla. Inizialmente non ero convinta, e dissi di no perché ero abbastanza timorosa e avevo paura che internet mi avesse prima o poi mangiato. Ho rimandato. Un giorno sono però andata da lei e ho chiesto: “Se lo aprissi riguardo i libri!?“. All’inizio credevo che non ci fossero persone che amassero i libri, e inizialmente lo usavo come diario personale per appuntare delle cose. Iniziarono però ad arrivare le prime persone, e di certo non mi sono mai aspettata tutto questo. Per me è una cosa grandissima. In quel periodo facevo degli esami in ospedale che mi portavano tutto il tempo senza vedere nessuno, e il mio account in un certo senso mi faceva compagnia. Io non chiamo le persone che mi seguono followers ma amici.

I social sono ormai parte di noi: nel tuo caso, sono utili a trasmettere agli altri l’amore per i libri e per la letteratura. Altre volte possono invece diventare distruttivi. Secondo il tuo punto di vista, quali sono i pro e i contro del mondo dei social?

Come ho già detto, ero molto spaventata all’inizio perché vedevo tutti contro questo mondo virtuale. I social, per quanto abbiano delle regole, è un mondo caotico e questo fa tanta paura. Specialmente i ragazzi, sui social, mostrano solo la parte bella, anche sforzandola. Alcuni cercano su Pinterest foto altrui spacciandole per proprie; altri utilizzano filtri che modificano la propria immagine. Siamo diventati tutti dei piccoli narcisisti, e il nostro cellulare sembra uno specchio: non riusciamo ad accettarci per quello che siamo e a vivere l’attimo. Ci serve qualcuno che ci educhi, perché li stiamo utilizzando male e questo crea tante paure.

Futuri progetti?

Ho sicuramente tante idee; ora mi sento più libera perché ho finito la maturità. Dovrei scegliere quello che dovrei fare a settembre con l’idea di aiutare gli altri, e ho intanto abbozzato la trama di un nuovo libro. Non vedo l’ora di riprendere la situazione in mano e scrivere fino a tarda sera, sperando che questo libro possa trovare un altro posticino nel cuore degli altri. Voglio vivermi la vita al massimo con tutte le sue precauzioni, dato che non mi devo dimenticare di avere una malattia. Non voglio abbandonare la scrittura e voglio cercare di rimanere con gli altri per donare tutto quello che mi è stato donato dagli altri; noi siamo semplicemente il frutto di chi abbiamo incontrato.

Cosa consiglieresti a coloro che stanno affrontando una malattia e che non trovano il coraggio per andare avanti?

E’ tutto molto personale. Ci sono meccanismi psicologici che si attivano per auto-protezione; per me è stata una fortuna aver avuto una malattia da quando sono nata. I miei genitori l’hanno scoperta quando io avevo due anni, ed è sempre stata la mia normalità; mi è stato sempre chiesto di crescere più in fretta rispetto agli altri. La mia calma e il fatto di essere così è proprio grazie al percorso interiore che ho affrontato. Le lacrime, a un certo punto, finiscono e bisogna adattarsi: ci sono così tanti sfoghi. Per me è la scrittura, per altri può essere un’altra arte o un’altra disciplina. A me scrivere aiuta ad accettare quello che sta accadendo.

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