Mirko Ronzoni è stato il vincitore dell’edizione 2015 di Hell’s Kitchen Italia, il noto talent show culinario condotto dallo Chef Carlo Cracco e andato in onda su Sky Uno. Da allora, il suo percorso non si è più fermato e oggi è un celebre consulente che opera per diversi ristoranti in tutta Italia. Ha così accettato di incontrarci e ci ha raccontato tutti i suoi progetti tra passato, presente e futuro.


Come nasce il tuo primo approccio alla cucina? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?

La chiave di volta è stata la terza media dove, in virtù della scelta dell’istituto superiore, ho capito che – dopo anni di confusione – cucinare, coccolare i miei ospiti e trattare la materia prima mi faceva stare bene. Da lì la decisione e il cambio di paradigma: ho iniziato ad eccellere nelle materie tecniche e umanistiche, la scuola alberghiera mi aveva preso.

Sei stato il vincitore di Hell’s Kitchen nel 2015: cosa ti ha insegnato più di tutto quella esperienza e cosa è cambiato da allora?

Proprio così, provenivo già da anni di gavetta in ristorazione medio alta, italiana ed estera, però l’esposizione mediatica mi ha dato la possibilità di fare il grande salto nel mondo della ristorazione da libero professionista. Mi sono creato la mia professione, mixando eventi, catering, attività digitali ma anche consulenze ristorative. Tutto è cambiato per il meglio perché ho iniziato a girare per l’Italia ed anche all’estero e lavorare su progetti sempre diversi. Questo mi dà sempre una super adrenalina.

Com’è stato invece l’incontro con lo chef Carlo Cracco. Qual è il ricordo che conservi di lui?

Il primo incontro è stato emozionante; ce l’hanno fatto incontrare per la prima volta proprio nella prima puntata, ero tirato come una corda di violino ma anche gasato da un’esperienza unica nel suo genere. Il ricordo più vivido è di grande professionalità e serietà, i suoi silenzi erano come lame di un bisturi…ma la voglia di dimostrargli tutto mi dava una carica innata.

Oggi sei consulente per diversi ristoranti italiani. Se dovessi parlare a un inesperto, come definiresti la tua professione?

Questa è una bellissima domanda…e vi ringrazio. La mia è una professione che negli States esiste già da parecchi anni, ma in Italia è veramente fresca. Spesso devo dedicare del tempo per spiegarla anche agli imprenditori più conservatori. Il consulente ristorativo è una figura trasversale che ha competenze sia tecniche sia teoriche nel campo della realizzazione, dell’organizzazione e della promozione di un locale. Con un forte orientamento al problem solving. Cioè? Quando c’è l’avviamento di un locale, una crisi o quando gli affari non decollano, una figura come la mia interviene per trovare insieme al gestore la ricetta risolutiva. Spesso dico che sono quell’elemento dall’occhio esterno all’azienda che può ricentrare il baricentro dell’azienda stessa. Ovviamente ogni consulenza è personalizzata: c’è un business plan, la formazione del personale, il menù engineering, la progettazione degli ambienti di sala e cucina, la scelta dello stile della tavola e delle divise, gli eventi e tante altre cose…

C’è un piatto a cui non rinunceresti mai? E uno di cui faresti volentieri a meno?

Sono un grande amante del pesce e della cucina contaminata a tutto tondo, ricette anche tradizionali ma arricchite da elementi di tutto il mondo. Sono aperto a nuovi gusti e consistenze e mi rendo conto che ci sono gusti che si affinano ed evolvono nel tempo. Se proprio devo scegliere un piatto che non mi piace e che tendo a non approfondire, è il fegato nelle sue molteplici varianti.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Eheheh curiosoni…(ride ndr). Sto ampliando sempre più le consulenze sul territorio nazionale, dopo quella di Bergamo a Caffè del Colleoni, ora ne ho appena iniziata una a Madonna di Campiglio, allo Chalet del Brenta. Questa mi assorbirà veramente tanto perché è una piazza straordinaria che mi intriga molto. Punto a organizzarmi sempre di più con il mio team per dare pacchetti sempre più competitivi e di livello. Non vi nego che puntiamo anche ad una consulenza estera…magari in un mercato emergente e perché no, un programma televisivo ad hoc.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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