Credits: NASA GSFC/CIL/Adriana Manrique Gutierrez (a sinistra); NASA/STScI (a destra)

Il telescopio spaziale James Webb, realizzato grazie alla partnership tra NASA, ESA (Agenzia Spaziale Europea) e CSA (Agenzia Spaziale Canadese), rilascerà le sue prime suggestive immagini a colori, con i rispettivi dati spettroscopici, il 12 luglio 2022 alle ore 10:30 EDT (le 16:30 in Italia).

“Mentre ci avviciniamo alla fine della preparazione dell’Osservatorio per la scienza, siamo sull’orlo di un periodo incredibilmente emozionante di scoperte nel nostro Universo. Il rilascio delle prime immagini a colori di Webb, offrirà a tutti noi un momento unico per fermarci e ammirare una vista che l’umanità non ha mai visto prima. Queste immagini saranno il culmine di decenni di dedizione, talento e sogni, ma saranno anche solo l’inizio”.
Eric Smith, scienziato del programma Webb presso la sede della NASA a Washington

Le prestazioni ottiche del telescopio sono migliori del previsto. Gli specchi di Webb stanno ora dirigendo la luce raccolta dallo Spazio verso tutti gli strumenti, i quali stanno catturando con successo le immagini. La qualità dell’immagine è limitata solo dalla diffrazione, ciò significa che la finezza dei dettagli è la migliore fisicamente possibile, date le dimensioni del telescopio.

“I nostri obiettivi per le prime immagini e dati di Webb sono sia quello di mostrare i potenti strumenti del telescopio, sia di visualizzare in anteprima la missione scientifica a venire. Siamo sicuri di offrire un tanto atteso ‘wow’ per gli astronomi e il pubblico”.
Klaus Pontoppidan, scienziato del progetto Webb presso STScI
Il telescopio James Webb nel punto di Lagrange L2, a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra.
Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center

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LA GRANDE NUBE DI MAGELLANO VISTA DAL JAMES WEBB

Recentemente, il team di Webb ha deciso di sbirciare l’Universo attraverso uno degli strumenti più freddi del telescopio: il “Mid-Infrared Instrument” (MIRI).

Lo strumento MIRI è stato puntato verso la Grande Nube di Magellano. Quest’ultima è una piccola galassia satellite della Via Lattea (la nostra galassia), fotografata anche dal telescopio spaziale a infrarossi “Spitzer” (in attività dal 2003 al 2020).

Gli scienziati hanno colto l’occasione per testare le potenzialità del James Webb, confrontando l’immagine del nuovissimo telescopio (a 7,7 micron), con l’immagine scattata in precedenza dal telescopio Spitzer (a 8,0 micron). Il risultato è sorprendente: il telescopio spaziale James Webb ha una nitidezza sbalorditiva!

Possiamo ammirare, dettagliatamente, anche il gas interstellare (molecole di carbonio e idrogeno). Quando Webb sarà pronto per la scienza (in estate), sarà in grado di fornire nuove intuizioni agli astronomi, per quanto riguarda la nascita delle Stelle e la formazione dei sistemi protoplanetari.

In alto possiamo vedere la foto della Grande Nube di Magellano scattata dal telescopio Spitzer; in basso possiamo vedere la Grande Nube di Magellano scattata dal telescopio James Webb.
Credits: NASA/JPL-Caltech (in alto), NASA/ESA/CSA/STScI (in basso)

PERCHE’ WEBB E’ UN TELESCOPIO AGLI INFRAROSSI?

Webb è il primo telescopio capace di osservare le primissime galassie, e forse anche alcune delle prime Stelle nate dopo la creazione dell’Universo che conosciamo (dopo il Big Bang).

Per capire l’importanza e la necessità dell’osservazione agli infrarossi, dobbiamo ricordarci che la famosa “espansione dell’Universo”, cominciata dopo il Big Bang, non espande solo lo Spazio, allontanando fra loro Stelle e Galassie, ma espande, o meglio, “stira” anche la luce. Quest’ultima, col passare dei miliardi di anni di viaggio, inizia a subire gli effetti dell’espansione, e quindi viene talmente “stirata” e allungata, da non essere più visibile ai nostri occhi o dai telescopi ottici classici.

La luce visibile ai nostri occhi è formata da onde corte e strette. La luce agli infrarossi è invece formata da onde più lunghe; perciò, per osservare fino a 13,5 miliardi di anni luce, occorre un telescopio che capti queste onde allungate, cioè un telescopio agli infrarossi.

Queste onde hanno viaggiato per 13,5 miliardi di anni per arrivare fino a noi, e nel frattempo hanno subito gli effetti dell’espansione dell’Universo; questo vuol dire che sono partite come luce visibile, cioè con onde corte e strette, ma strada facendo si sono allungate, diventando luce infrarossa.

L’Universo conosciuto è nato 14 miliardi di anni fa, con il Big Bang. Con il telescopio Webb potremo quindi vedere la luce proveniente da 13,5 miliardi di anni fa, cioè poco dopo l’inizio di tutto. Con gli attuali telescopi ottici classici, invece, riusciamo a vedere la luce proveniente da 13,2 miliardi di anni fa; ciò vuol dire che con Webb ci spingeremo oltre, molto più vicino alla Genesi.

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L’ottica del James Webb. Credit: NASA’s Goddard Spaceflight Center

COSA STUDIERA’ WEBB?

Il “James Webb Space Telescope”, oltre a studiare le prime galassie e le prime Stelle nate nell’Universo, poco dopo il Big Bang, studierà anche le atmosfere degli esopianeti (i pianeti che ruotano attorno alle altre Stelle), per captare le molecole e gli elementi presenti, e capire così se vi è la possibilità di vita su altri mondi, o se ci fosse un pianeta abitabile. Webb si concentrerà anche sugli asteroidicometepianeti del nostro sistema solare e sulla famosa “Fascia di Kuiper” (situata dopo il pianeta Nettuno, e costituita da migliaia di asteroidi). Qualora vi fosse la possibilità, potrebbe anche scovare qualche buco nero.

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Il telescopio James Webb è stato realizzato grazie alla collaborazione della NASA, dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) e della CSA (Agenzia Spaziale Canadese). Esso è il telescopio spaziale più grande e più potente della storia, formato da 18 specchi esagonali, i quali, una volta aperti e allineati formano un unico grande specchio di 6,5 metri di diametro.

Una curiosità: i 18 specchi esagonali sono realizzati in berillio, con uno strato sottilissimo di oro (l’oro è ottimo per la riflessione della luce agli infrarossi). Ma quanto è sottile lo strato di oro? Appena 1.000 angstroms (100 nanometri); in altre parole, appena 700 atomi, cioè 1000 volte più sottile di un capello umano.

Articolo a cura di Fabio Meneghella

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