Maurizio Lombardi continua a riempirci l’anima con il suo incredibile talento: stavolta sarà uno dei protagonisti di ‘L’ora – Inchiostro contro piombo‘, la fiction Mediaset che andrà in onda da domani 8 giugno 2022. Diretta da Pietro Messina per Indiana Production, la serie racconta gli eventi della redazione che fu la prima a mettere il nome ‘Mafia sulle sue pagine e anche la prima a subire degli attentati all’interno dei suoi uffici. Lombardi interpreta quindi Marcello Grisanti, un giornalista che parla attraverso un larigofono e che ha perso l’uso della voce a causa della Guerra. L’attore ha accettato di incontrarci e ci ha parlato dei suoi progetti tra presente e futuro.


Come nasce il tuo primo approccio alla recitazione? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?

E’ avvenuto in modo totalmente naturale, e scaturito in maniera infantile dai piccoli scherzi e dalle imitazioni che si facevano a scuola. Pian piano, verso i 16 anni, ho iniziato a guardarmi intorno: ho infatti avuto la fortuna di incontrare il regista Ugo Chiti, il precursore della scuola toscana. Ho mosso i primi passi in teatro, che mi hanno portato a fare una serie di tournée. Da lì, è iniziato tutto.

Stai per tornare in tv con la serie L’Ora – Inchiostro contro piombo: cos’ha rappresentato per te questo progetto?

Sono progetti che segnano un percorso della carriera di un artista; parla di un giornale dove tutto è iniziato. Oggi si parla spesso di Falcone e Borsellino: c’è ad esempio Saviano che fa sempre una bellissima opera sulla malavita. L’ora è stato importante perché ha dato inizio a tutto, ha messo per la prima volta la parola Mafia. Da lì in poi, grazie all’atto eroico di questi giornalisti, è stato denunciato chi ha dato origine alla mafia. Per un attore è un punto di svolta.

Interpreti il ruolo di Marcello. Quanto c’è di te in lui e cosa ti ha insegnato più di tutto questo personaggio?

Marcello è un combattente, uno che ha fatto la guerra. Si trova in un giornale dove deve combattere un’altra guerra, e non sa se lui è in grado di fronteggiarla. Vediamo così uno che resiste nonostante l’assenza delle corde vocali, che le sono state strappate da una bomba. Si nota tutta la rabbia che ha contro il male e contro la mafia. In tutti i personaggi che interpreto c’è qualcosa di mio, ed è impossibile non mettere qualcosa di nostro. Marcello è un personaggio che assume a tratti un aspetto western: indossa un foulard che gli copre il collo – tipico degli uomini anni ’50 -, fuma e beve whisky. E’ a tutti gli effetti un cavaliere solitario del film western.

Si parla di Mafia, e anche della scrittura (che è spesso più potente di qualsiasi arma). Cosa ti ha lasciato questa storia e cosa lascerà al pubblico?

Sono molto curioso di vedere quello che succederà domani. Mi aspetto che le persone capiscano quanto sia importante la libertà di parola, la fortuna di abitare in un paese come l’Italia in cui siamo in pace e siamo liberi. Abbiamo la possibilità di dire qualsiasi cosa. Si può usare la parola, che è la più grande invenzione dell’uomo ed è libertà. Churchill ha mosso il suo Paese. Loro hanno portato la lingua italiana nella guerra contro la mafia.

Con Claudio Santamaria

Nel corso delle riprese, hai lavorato con Claudio Santamaria. Com’è stato collaborare con lui e cosa ti ha insegnato lui più di tutto?

Claudio è un ragazzo di una sensibilità e simpatia unica; sta per diventare un grande trombettista: un attore deve sempre nutrirsi di altro. E’ un artista puro e pieno di anima.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho finito una grandissima serie prodotta da Showtime: è un replay diretto da Steve Zaillian e che è stato girato in Italia. Dovrei poi iniziare un nuovo progetto con Cattleya.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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