Ph. Daniele Pedone

Marco Leonardi ha mostrato ancora una volta il suo talento con la pellicola cinematografica La grande guerra del Salento, nella quale interpreta il personaggio di Ernesto. Con alle spalle numerose esperienze nell’ambito recitativo, ha mostrato sul grande schermo un’infinita voglia di lottare (concretizzata con il calcio, ma anche con i momenti più preziosi della vita). L’attore ha così accettato di incontrarci, e ci ha raccontato il suo percorso tra passato, presente e futuro.


Com’è nato il tuo primo approccio alla recitazione? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?

Avevo appena 5 anni quando ho fatto il mio primo film Rai; c’era già qualcosa che mi attraeva, mi sentivo a mio agio. Da allora, ho fatto tanti altri ruoli, pubblicità e ho sin da subito preso la piega giusta in questo ambito. Il mio primo ruolo da protagonista l’ho invece ottenuto quando avevo 14 anni: si chiamava La sposa era bellissima, e c’erano attori del calibro di Angela Molina, Massimo Ghini e Stefania Sandrelli. Ho così iniziato ad approcciarmi alla recitazione, e da lì non ho più smesso.

Parliamo del film La grande guerra del Salento: secondo te, qual è il messaggio che vuole lasciare ai telespettatori?

Il mio personaggio insegna soprattutto a dare una lezione di lealtà all’avversario: nella storia, l’uomo si è sempre perso in sciocchezze. Si parla infatti di un gruppo di scalmanati tifosi che cercano di combinare una battaglia e una guerriglia urbana: la partita di calcio è stata solamente presa come pretesto. Il calcio diventa quindi un luogo dove alcuni personaggi vanno e suonano la loro ira, la follia, la rabbia e tutto quello che ne comporta. Un aspetto fondamentale rappresentano i ruoli dei due protagonisti Ernesto e don Alfredo. Il primo ha combattuto il fascismo, e il secondo è stato invece sconfitto. C’è così una grande rabbia in don Alfredo nei confronti di Ernesto, e nasce una grande rivalità tra di loro. Sono proprietari di terreni e competitivi nel modo sbagliato. Ernesto, dopo tanta sofferenza, non voleva salire sulla giostra di questo signore che aveva ancora troppo rancore nei suoi confronti. Quando si vive con i rancori, arriva la rabbia e si combinano cose tremende: dopo quella partita ci fu così l‘invasione di campo, durante la quale vennero anche usate armi contro questo ragazzo.

Interpreti il ruolo di Ernesto. Cosa c’è di te in lui e cosa ti ha lasciato più di tutto questo personaggio?

La sua purezza, la voglia di guardare oltre e di distaccarsi dalle provocazioni cercando di migliorare anche per la gente che lavora per lui. Mi ha insegnato inoltre una grande forza nel rimettersi in piedi, ma mi ha lasciato soprattutto il coraggio. Lui ha questa voglia di continuare e di trasmettere il desiderio di non arrendersi e non scoraggiarsi. E’ stato un ruolo estremamente positivo, e io avevo deciso subito di farlo. Questo è stato per me il terzo film che ha avuto per protagonista il calcio. Il primo è stato negli anni ’90 e si chiamava Ultimo Minuto; il secondo è stato invece il progetto dedicato al grande Maradona del 2005.

Ph. Daniele Pedone

La storia è ambientata tra gli anni ’40 e ’50: com’è stato cimentarsi in quel periodo storico? Quali sono state le maggiori difficoltà?

In passato, ho avuto varie esperienze di film ambientati in quegli anni. E’ sempre stato bello, perché ho sempre immaginato i costumi e le automobili. E’ stato un periodo davvero molto bello.

Cos’ha invece rappresentato per te il Salento? Com’è stato girare le scene in questo fantastico luogo pugliese?

Questo è stato il quinto film che ho girato in Puglia, e tutte le esperienze sono state meravigliose. Io ci sto bene, e c’è molta ospitalità. Sono davvero affettuosi nei miei confronti, forse perché ho origini calabresi. Sento il calore delle persone, e questo mi fa riflettere e pensare.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Al momento, nelle sale c’è questo film che si chiama American Night, distribuito dallo 01 e diretto da Alessio Della Valle. Nel cast ci sono molti attori americani come Jonathan Rhys Meyers, Annabelle Belmondo, Emily Hirsch, Anastacia. E’ molto interessante, e sta avendo un grande successo. Sta andando bene in tantissime sale: è un thriller neo-noir dove c’è amicizia, amore ma soprattutto arte. C’è una rincorsa finalizzata a riprendere la Marylin rosa di Andy Warhol. C’è di tutto, e un sacco di sapori molto interessanti. Io sono il padre di Emily e appartengo a una famiglia di mafia: lui ha questa grande passione per l’arte, e cerca di trasmettere questi valori ai ragazzi. Sarò inoltre il protagonista di un film dedicato a Padre Pio, ma non posso rivelare altro al momento.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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