Non è per niente facile raccontare l’epoca che, le nostre mamme e nonne, hanno vissuto: se solo si pensa a quei periodi, si resta impassibili. “Cosa succedeva?“. Le giovani dell’epoca vivono oggi con le sbarre negli occhi e, al solo ricordare le strade (e i loro sogni spezzati), si nota una sola goccia di acqua salata che fuoriesce dai loro occhi. E’ il dolore provato, e mai raccontato. E’ quello che, nessuna donna, era mai riuscita a dire: era il semplice restare lì, ad occhi chiusi, a sopravvivere.

Non posso raccontare quello che accadeva in quel periodo: ho solo 27 anni, e il mondo (il “mio” mondo, intendo) l’ho sempre visto in una bolla di cristallo. Per me, che abito questa epoca, è così semplice uscire di casa: camminare per le strade e sorridere, anche. E’ così semplice tutto: persino mangiare una pizza in compagnia di persone (e uomini). Non me lo sono mai chiesta, finora. Non mi sono mai chiesta il perché di tutta questa semplicità, e di tutta questa libertà (che per me è semplicemente vita). Come me, altre milioni di ragazze (e donne) credono nella libertà di pensiero, nei sorrisi mai sforzati, negli amori spontanei e veri, nell’essere semplicemente donna.

Ci siamo però mai chieste come abbiamo fatto ad arrivare fin qui? Chi ci ha condotto verso queste strade così ‘facili‘ e chi ci ha preso per mano e, accarezzandoci, ci ha detto: “Stai tranquilla, tutto andrà bene per te“? Ce lo siamo mai chieste?

Gli uomini e le donne negli anni ’70

Non è stato facile guardare la seconda puntata de L’Amica Geniale (la nota fiction che sta ottenendo un successo mondiale): avevo sempre immaginato quell’epoca, ma non l’avevo mai vista. Vista, no: non mi era mai capitato. Così, sebbene sappia perfettamente di essere stata trasportata in una finzione, non ho smesso di pensare ad un aspetto molto più importante della semplice recitazione.

Davvero le donne dell’epoca erano costrette a vivere in quel modo? A sopravvivere, anzi. Davvero si piegavano ad un sistema così complesso e sbagliato? Pur sapendo. Pur sapendo tutto: di non essere volute, di essere ritenute schiave, di non essere amate, e io direi anche di non essere viste nella loro totalità. Sì, perché l’essere donna è per me un concetto troppo ristretto, troppo astratto, troppo conforme alle discriminazioni: sarebbe bastato semplicemente essere riconosciute. Per cosa? Per quello che semplicemente erano. Mi sono chiesta questo, mentre guardavo gli episodi (e anche mentre leggevo i libri di Elena Ferrante).

Poi ho compreso: tutta quella società ‘malata‘ e ‘diversa‘ andava ben oltre quell’epoca. Era un periodo, quello, che era stato semplicemente una conseguenza del passato. La guerra, la carestia, la povertà, la miseria. Tutte situazioni strambe, che avevano portato a pensarla in quel modo. Tutto era partito dalla guerra, quindi? No, tutto era partito dalla mente: dai cervelli chiusi e restii. Soprattutto, ogni cosa era partita da un elemento ancora più importante: l’istruzione.

Le donne non studiavano. Su questo, erano d’accordo tutti: sarebbero state chiuse in casa a badare agli uomini e ai bambini. Ho però continuato a pensare e mi sono detta: gli uomini studiavano, aprivano libri, vedevano gente. Teoricamente, il loro sarebbe dovuto essere un cervello aperto. Si ritenevano intelligenti, gli uomini. Allora perché tutto questo scempio (perché di scempio, si trattava)? Ad esempio, ho riflettuto molto sul personaggio di Pietro Airota: letterato, saggio, professore universitario (uno dei più importanti della città toscana). Ci si aspettavano grandi cose da persone come lui, e ci si aspettava che, ad un certo punto del suo matrimonio, prendesse tra le mani la sua Elena e le dicesse che, ci avrebbe pensato lui. Che quelli erano figli suoi, e che quella famiglia l’aveva voluta con tutta la forza. Invece no: Elena restava tra le mura di casa, sussurrando pian piano un addio doloroso: l’addio alla sua carriera tanto voluta e desiderata (e per cui aveva sacrificato tanto). Che fine avevano fatto tutti quei libri letti, allora? Che fine aveva fatto la sua istruzione?

Anche Elena… Si era allontanata anni prima da quel Rione, che tanto l’aveva fatta soffrire. Aveva conosciuto gente, aveva allargato orizzonti, aveva aperto libri. Perché continuare, allora, a piegarsi agli uomini? Perché lasciare credere che siano proprio loro i padroni del mondo? Perché? Lenù si è così trasformata in Gigliola, nella donna sposata ma ‘sola‘. Lei: che aveva sempre sognato la libertà. Lei: che aveva sempre voluto raggiungerla.

Allora, non c’entra affatto l’istruzione“, mi sono detta. “No, che non c’entra“, ho continuato tra me e me. L’istruzione era solo un modo per cambiare vita, e anche per essere migliori degli altri. Migliori di tutti gli uomini del Rione, ad esempio. Come Michele Solara (che comunque è diventato ricco sui dolori degli altri) o Stefano Carracci (che è però apparso felice della sua vita). Tutti uomini, questi, che sono cambiati lentamente ma che continuano a picchiare, urlare, tradire le proprie donne. Poi c’è il papà di Lila che, nonostante la sua (bellissima e ‘geniale’) figlia ‘donna‘, continua con la sua cattiveria e con il suo cinismo. Cosa si può dire, invece, dell’azienda in cui lavorava Lila? Violenze, stupri, molestie. Le donne erano come carne da macello, e venivano spesso lanciate in frigo senza possibilità di ritorno.

E’ stato difficile guardare la seconda puntata de L’Amica Geniale semplicemente perché, sebbene mi sforzassi più di me stessa, non sono riuscita a trovare una spiegazione. Ancora oggi, non ho idea di come possa essere accaduto tutto quello e di come le donne abbiano avuto paura dei ‘loro‘ uomini. Nonostante tutto, sento però l’esigenza di chiedere loro ‘scusa‘. A nome di tutti: donne e uomini. A nome dei cinici, di chi non se n’è reso conto, degli indifferenti e anche a nome di chi sapeva ma non poteva dire. Per paura, appunto. Per paura di tutto o, semplicemente, per paura di essere uccisi.

Oggi è cambiato qualcosa?

Oggi, sì, è cambiato qualcosa. Anzi, direi che è cambiato tutto. Lo direi davvero: “è cambiato tutto“. Lo direi davvero, se solo non continuassi a notare qualche sfaccettatura di puro egoismo e cinismo per le strade.

E’ vero: le donne sono libere. Di fare tutto: di indossare vestiti, di uscire in solitudine, di sorridere a chiunque incontrino (e di sorridere anche da sole). Sono libere di parlare, soprattutto, senza la paura di essere uccise o violentate. Nella maggior parte dei casi, i matrimoni sono veri (e sono entrambi i coniugi a deciderlo): molto spesso, sono proprio le donne ad avere la meglio sugli uomini, e questo è sicuramente un grande (anzi grandissimo) passo in avanti.

Capita però che, mentre cammino sul cemento freddo di queste strade, sento degli occhi su di me. Li avverto come se fossero vestiti bagnati sulla pelle umida. Continuo a camminare, con questi occhi puntati e qualche commento sgradevole. Nei luoghi di lavoro, per le donne non è tutto oro che luccica: il cervello è spesso un lusso e, se qualcuno riconosce che tu (in quanto donna) sei dotata di cervello, allora quella giornata sta senz’altro procedendo nel verso giusto. Accade anche quando, tra un corridoio e l’altro, ti senti in diritto di esprimere un’idea: a volte, i propri colleghi (uomini) ti guardano perplessi. Non dicono niente, “non si può dire niente ad una donna oggi, bisogna solo sorridere“.

In effetti, non proferiscono parola quando questo accade: guardandoli dritti negli occhi, i loro pensieri arrivano però dritti verso di te come una pugnalata al cuore. “Capisci qualcosa?“, vorrebbero chiederti loro. E noi (in quanto donne) ci sentiamo fragili e “con i capelli lunghi“. Ci sono ancora luoghi in cui le donne hanno timore di diventare mamme: “Resta a casa a pensare ai tuoi figli. Tu, da domani, non vieni più“, ti dicono. Come se fosse una colpa crescere un bambino nel ventre, come se fosse la colpa sentirsi felici e appagate (sentirsi mamme e donne in carriera). Perciò, il mondo sta senz’altro cambiando: anzi, è cambiato. Il mondo è cambiato davvero. Ma lo è del tutto?

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Le donne restano donne, e gli uomini anche, restano uomini. Allora che fare? Continuare a vivere come due universi distanti? Mi sono posta tante domande, ma non ho saputo dare alcuna risposta. Devo solo smettere di scrivere, e ricominciare a pensare. Adesso. Per questo, sciolgo il mio chignon e, con questi capelli lunghi, vado a conquistare il mondo. Tornerò presto, e spero che non sarà troppo tardi.

Articolo a cura di Stefania Meneghella

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