Un nome, una leggenda. Elisa Di Francisca: una delle più grandi schermitrici italiane del fioretto. Oro alle Olimpiadi di Londra 2012 nell’individuale e nella gara a squadre, argento a Rio 2016, sette volte campionessa mondiale e tredici volte campionessa europea, ma non solo. Quest’anno il ritiro dopo una lunga e brillante carriera in uno degli sport più belli di sempre. Con immenso onore intervistiamo questa Donna schietta senza filtri, a tratti ribelle e dalle mille risorse, che cammina a testa alta e non deve niente a nessuno, questa atleta inconfondibile, madre e moglie.


Ciao Elisa, grazie per questa intervista! Sei una campionessa che non ha bisogno di presentazioni, troppe le vittorie segnate nel fioretto che ti hanno resa un mito della scherma. Partiamo dal principio, come è nata la tua passione per questo sport nella tua amata Jesi?

Io ho iniziato a fare danza classica a Jesi dai 5 ai 6 anni e mezzo più o meno. Poi sono passata alla scherma, perché comunque era già famosa: il maestro Ezio Triccoli l’aveva imparata nei campi di concentramento e l’ha riportata a Jesi; c’erano già grandi campioni, come Stefano Cerioni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali. Quindi a 7 anni iniziai la scherma.

La scherma è uno sport meraviglioso. Quali sono le caratteristiche più significative di questa disciplina?

La scherma, essendo una disciplina, si differenzia dagli altri sport. Viene imparata piano piano: ti mettono in mano il fioretto dopo un po’ di anni, inizi a fare le gare dopo un po’ di anni. La posizione della scherma è una posizione particolare, è asimmetrica. Gli esercizi sono degli esercizi specifici. Tutto questo ti permette di conoscere meglio te stesso, perché all’interno della maschera sei tu con le tue paure, le tue emozioni. Quindi ti aiuta a conoscerti e a superare i limiti che ti poni.

Attraverso le tue medaglie hai portato in alto con orgoglio il tuo Paese. Quale è stata la gara più sofferta che al contempo ti ha dato più soddisfazioni?

La gara alla quale sono più legata è la mia prima vittoria ai Campionati Italiani di Rimini: avevo 12 anni ed è stata sofferta, perché per arrivare alla fine di una gara devi combattere, tirare di scherma per tutta la giornata, dalla mattina fino al pomeriggio. Quindi è stato faticoso; però è stata la gara, che mi ha dato più soddisfazione e mi ha fatto capire che ero forte in questo sport.

Nel tuo recente libro “Giù la maschera” (edito da Solferino) tocchi temi importanti come l’aborto e la violenza maschile. Racconti di te e ti consideri una sopravvissuta. Quanto è importante per te averne parlato e cosa consigli a tutte le donne vittime di violenza? Secondo te, potrà mai arrestarsi questa minaccia sociale?

Nel libro ho voluto parlare di me a tutto tondo, nel senso che non volevo scrivere un libro che parlasse solo delle mie vittorie e della scherma, ma volevo raccontare le mie esperienze, belle e brutte, e far capire alle persone come ci sono arrivata a vincere le gara – è la cosa più importante questa. Ho parlato della violenza. Ho parlato di una storia con un ragazzo molto geloso. Ho parlato di aborto. Tutti temi molto importanti, dei quali bisognerebbe parlare più spesso, perché ogni donna ha diritto di decidere del proprio corpo innanzitutto e di imparare ad amare se stessa, così da potersi affiancare a uomini che tengono a lei, che non vogliono cambiarla e che quindi sulla donna non adottano nessun tipo di violenza, né fisica, né verbale.

Sei moglie e sei madre di due figli, Ettore e Brando. Cosa rappresenta per te la famiglia?

Sì, sono mamma di Ettore e di Brando. Per me la famiglia è importantissima, ho voluto con tutta me stessa questi figli e il tutto è stato possibile solo dopo aver incontrato la persona giusta, che è Ivan, l’uomo che ho sposato. Spero di poterla allargare ancora, ma non credo sia fattibile.

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Tornando alla scherma, quest’anno ti sei ritirata dopo una vita di successi e sacrifici. Quale parte di te lasci insieme al fioretto in questo ritiro? Chi, secondo te, potrà prendere il tuo posto?

Sì, mi sono ritirata. L’ultima gara l’ho fatta nel 2020, prima della pandemia, a Kazan. Ho vinto l’individuale e la gara a squadre. Quindi, dopo la pandemia la decisione sofferta di non partecipare alle Olimpiadi di Tokyo e di mettere al mondo Brando. E poi il ritiro dalla scherma. Sicuramente lascio una parte importante di me, perché la scherma ha fatto parte di me, dai 7 ai 38 anni, quindi per tantissimi anni io mi sono vista in quel modo e quindi è stata una decisione molto sofferta, molto faticosa, ma che andava presa e soprattutto andava presa all’apice, perché io sono fatta così: non mi sarei mai potuta vedere arrancare e esser battuta dalle ragazze più giovani giustamente. Chi può prendere il mio posto? Ce ne sono tante di ragazze forti, anche più giovani, più piccoline. Adesso stanno facendo tutte molto bene. Spero riescano in tante a prendere il mio posto, anzi a fare meglio di me. Glielo auguro davvero.

Intervista a cura di Valentina Pasquali

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