I Punch Brothers ritornano sulla scena musicale con il nuovo album ‘Hell on Church Street‘, autoprodotto dalla stessa band, registrato dalla casa discografica Nonesuch Records e pubblicato in Italia dalla Warner Music Italy. Nella sua originalità, questa nuova opera è prima di tutto un omaggio ad un artista e ad un uomo molto amato nella storia musicale mondiale.

Si tratta di Tony Rice, scomparso improvvisamente nel 2020, e che non ha mai potuto ascoltare il disco da loro realizzato. Nel corso di una chiacchierata telefonica, Gabe Witcher (vincitore di un Grammy Award e membro dei Punch Brothers) ci ha raccontato le origini dell’album, e tutti i suoi significati più nascosti.


Avete iniziato la vostra attività musicale come band, nel 2005. Cos’è cambiato da allora? Quanto siete cresciuti musicalmente parlando?

Quando ci siamo incontrati per la prima volta nel 2005, venivamo tutti da background diversi ma fondati sulla tradizione americana Falk. Non avevamo ancora sperimentato i nostri confini musicali, e abbiamo così iniziato a suonare una musica per quartetto più classica e composta, molto complessa e all’avanguardia. Abbiamo trascorso diversi anni per imparare a suonare quella musica, e a renderla sempre migliore. Dopo averlo fatto, abbiamo voluto cambiare maggiormente lo stile per avvicinarlo sempre di più alla nostra musica. Nel corso degli anni, penso che siamo stati in grado di combinare entrambi i tipi di musica: quella popolare (molto improvvisata e spontanea) e una musica classica e più composta.

Il vostro è sicuramente uno stile musicale molto originale: come vi siete avvicinati a questo genere di sound?

Penso che sia solo musica: avvertiamo il fatto che essa vari da individuo a individuo. C’è qualche sovrapposizione, ma abbiamo tutti interessi simili e altri non condivisi. Ognuno porta dunque qualcosa di diverso musicalmente parlando, ma riusciamo anche a condividerne l’estetica. Siamo in grado di mettere tutte le nostre diverse influenze musicali, e creare così un sound tutto nostro.

Nel mese di gennaio 2022, è uscito il vostro nuovo album “Hell on Church Street”: un tributo al grande Tony Rice. Cosa vi ha lasciato questo meraviglioso artista e dove nasce l’idea di dedicare il disco a lui?

Ci è venuta l’idea di suonare questo disco, e abbiamo suonato a un Festival del Colorado (USA). Il promotore ci ha chiesto infatti di interpretare un set musicale unico. Ci abbiamo pensato, e abbiamo creduto sin da subito che sarebbe stato davvero divertente per quel pubblico: tutti avrebbero riconosciuto Tony Rice, se fossimo saliti sul palco senza dire quali fossero le nostre intenzioni. L’abbiamo fatto e ci siamo divertiti così tanto; il pubblico lo ha adorato. E’ stata un’esperienza speciale e abbiamo pensato che ci fosse davvero qualcosa di speciale in questo concetto. Abbiamo così iniziato a pianificare la scrittura di un nuovo materiale nel 2020 ma, come ben sappiamo, i piani per il 2020 non si sono realizzati. Abbiamo deciso che volevamo farne un disco. Ci siamo incontrati a Nashville e, nel corso di una settimana circa, abbiamo lavorato e registrato questo disco. All’epoca, Tony Rice era ancora vivo: stavamo infatti pianificando di consegnarglielo personalmente. Purtroppo, un mese dopo aver finito la registrazione, è morto. Non abbiamo mai avuto la possibilità di dirglielo.

Qual è il messaggio principale che volete lasciare con questa nuova opera?

Pensiamo di voler trasmettere quello che era lo spirito di Tony Rice: trovare la propria voce artistica ed essere avventurosi nella musica. Abbiamo registrato questa musica pensando a quello spirito insegnato da lui.

Avete iniziato da poco un tour negli Stati Uniti. C’è in programma qualche concerto anche qui in Europa o in Italia?

Ci piacerebbe assolutamente. Non so se abbiamo già avuto offerte, ma vorremmo davvero farlo.

Cosa vorreste dire al nostro pubblico italiano?

Speriamo con tutto il cuore che vi piaccia questo nostro lavoro. Possiamo trovare un modo per venire a conoscervi di persona.

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Ci sono futuri progetti in programma?

Non abbiamo nulla in cantiere per il momento. Stiamo solo suonando questo nuovo disco, e siamo sicuri che ci saranno nuovi progetti in futuro.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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