La band Escape to the Roof ha deciso sin da subito di non mostrare il proprio volto, ma di condividere con tutti – in primis – la loro musica. E’ così uscito il loro primo singolo Fried Blues Chicken, un estratto del nuovo album omonimo che vuol essere il primo capitolo di un racconto surreale, inverosimile e unico nella sua diversità. Ce ne hanno parlato in questa intervista.


Avete deciso di mantenere il vostro anonimato: da dove nasce questa scelta?

Crediamo fermamente che il gesto artistico e un prodotto artistico debba venire prima di tutto, e questo si può fare soltanto depurandolo da ogni implicazione di natura biografica. Si può così cogliere il lato più puro della musica. Non è una strategia di marketing, ma è solo un modo per mettere in risalto la musica. Vogliamo procedere in controtendenza, dato che lo showbusiness è fatto molto di apparenza.

Qual è invece il motivo del vostro nome?

Eravamo alla ricerca di un cambiamento: Escape to the roof significa appunto ‘scappare sui tetti‘. Per noi non è soltanto uno scappare da qualcosa ma è semplicemente un salire più in alto per avere una visione più obiettiva delle cose.

Parliamo del vostro nuovo singolo Fried Blues Chicken: dove nasce l’idea per questo brano?

Questo brano vuole essere una riflessione sulla condizione dell’uomo contemporaneo, sulla vita che conduce, sulla velocità dei ritmi quotidiani. Nonostante tutto, ci sono delle aspettative: lo spunto è arrivato quando ho saputo di un esperimento condotto da un biologo americano negli anni ’90. Lui fece degli studi su una colonia di polli: lavorava sulla loro produttività e abbiamo così immaginato questa colonia di polli. Lui poteva selezionare i polli più produttivi di tutti, e cercava di formare una super colonia dei polli. Scoprì che questi polli “normali” erano in perfetta salute, e invece i super polli erano quasi tutti morti. Ognuno potrà cogliere la propria riflessione personale, e questo è un punto di vista su chi vogliamo essere.

La vostra finalità è proprio quello di portare l’attenzione dell’ascoltatore sulla musica e sul messaggio che vuole trasmettere: qual è allora il messaggio principale che volete dare con la vostra arte?

Artisticamente il proposito è quello di guardare un po’ al passato, perché abbiamo ereditato dai tempi d’oro del rock quello che valeva pena e che era doveroso portare con noi nel futuro. Il nostro obiettivo è quello di utilizzare gli strumenti artistici del nostro presente, ma proiettandoci verso una personale visione nuova. Gli ingredienti principali sono le chitarre aggressive, graffianti, le batterie performanti, e questo vuol dire essere un po’ un passo indietro rispetto al panorama musicale contemporaneo che ci permette di prendere una rincorsa.

Il vostro è uno stile musicale molto originale: come vi siete approcciati a questo genere? Chi sono stati i vostri maestri musicali?

Abbiamo avuto tantissime influenze: parliamo ad esempio dei Led Zeppelin o degli Ac Dc; la lista è veramente lunga. Ma non ci sono stati solo musicisti: parliamo anche di registi cinematografici come Sergio Leone. Ci siamo ispirati a persone che hanno mostrato sempre molto coraggio e che non hanno avuto paura di essere diversi dal solito.

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Qual è allora il consiglio che date per poter trovare questo coraggio?

Il coraggio ti viene da una presa di coscienza che quello che viviamo non ci sta bene. Questo disagio genera quel coraggio di fare una cosa che è controcorrente. Quando questo ti lascia un senso di orgoglio, di pacatezza (nonostante sia più difficile), c’è più gusto. E’ importante non tradire mai sé stessi.

Quali sono i vostri futuri progetti? Potete anticiparci qualcosa?

Questo è il primo singolo, il 2 dicembre uscirà il secondo, il 4 novembre uscirà il videoclip curato da una grandissima artista. L’album uscirà invece il 23 gennaio. Nonostante questo stiamo già lavorando per nuovi progetti.

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