Detto Ferrante Anguissola ha novant’anni, ed è considerato l’artista più anziano del panorama musicale italiano. Lui e la musica hanno sempre abitato in un unico luogo e, in ogni tappa della sua vita, è sempre stata presente nella sua anima e nel suo cuore. Ha preso parte a ben otto Festival di Sanremo, ma in qualità di tecnico: si è infatti occupato dell’installazione tecnica di microfoni della Sennheiser per la kermesse canora più importante dell’anno. Dopo la pensione, ha così deciso di dedicarsi alle proprie passioni e a quella musica per cui ha nutrito sempre un profondo sentimento.

Ha pubblicato oggi il nuovo album dal titolo E la voce va: un disco che racchiude nove brani acustici (chitarra e voce) che raccontano le bellezze della vita, i ricordi e le gioie vissute.


Com’è avvenuto il tuo primo approccio alla musica? Quando nasce questa passione?

Il mio primo approccio alla musica nasce ascoltando al mattino la nostra mamma che svegliava noi e la cascina con gli esercizi di Mendelsohn, di Czerny sul pianoforte e con le canzoni di quella epoca come la “Mer di Trenet” o “Munasterio Santa Chiara” o “Vola Colomba”. Contagiato di colpo! Ma la passione è un’altra cosa, per me questo significa voler suonare, cantare o scrivere ad ogni costo, e io questo facevo. In collegio ho creato un gruppo musicale chiamato “Orchestrina”, io al canto e alla chitarra, mio fratello Luigi alla batteria e al pianoforte, poi c’era un violino e un sassofono. Non c’era un momento nella mia vita in cui non trovavo qualche minuto per cantare. E la passione ho continuato a viverla nel mio intimo nonostante la situazione economica che ha avuto: momenti difficili per cui ho dovuto lavorare alacremente. Poi mi sono sposato e ho avuto quattro piccole affamate. In breve, il sogno di fare solo musica ha ceduto il passo al lavoro sicuro. Ma adesso che sono in pensione la mia passione è esplosa!

Hai 90 anni, e hai vissuto diverse epoche della nostra storia. Qual è stato il momento più bello per te?

Solo adesso mi rendo conto che ho vissuto passaggi storici incredibili, dall’esperienza della guerra e poi dell’Italia che si rialza, dall’uso del telefono al cellulare, dalla matita alla biro e la macchina da scrivere al computer, alla lavapiatti, alla lavabiancheria, alla televisione fino a vedere un’Italia in ginocchio rialzarsi. Ma nel mio intimo la cosa più bella, a parte vedere nascere e crescere le mie figlie e poi i loro figli e infine avere due pronipoti, è stata realizzare il mio primo disco. Sentire le mie canzoni e la mia voce è stata una sorpresa e una gioia incredibile. Ma è stato anche bello girare l’Europa in autostop: pochi lo facevano subito dopo la guerra. Anche vedere la ricostruzione delle nazioni, le loro abitudini e mantenermi cantando nei ristoranti. E poi aver imparato la navigazione a vela, cantare e sentire fondere la mia voce con le onde del mare. Che sensazione unica!

Parliamo del tuo ultimo lavoro “E la voce va”, Dove nasce l’idea per questo disco e qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere?

Nessun progetto ma ho solo seguito l’istinto. Come ho appena detto, cantare veleggiando era non solo bello. Lì ho capito la dimensione che il nostro Mediterraneo ha occupato nella nostra storia e le sue caratteristiche di onde, di venti, di abitudini, le sue città i suoi luoghi di culto. Il Mare Mediterraneo è come un continente dove le terre sono tutte approdi da esplorare. E così la voce va lungo il mare portando messaggi di amore, pace, serenità, scambio, comprensione, aiuto, e poi il lusso della solitudine, il ricordo ai marinai ombra, l’ascolto dei rumori della sera, la navigazione serena con il tuo amore e l’inno alla Lombardia

C’è un brano tra quelli da te interpretati, a cui sei particolarmente legato?

Sinfonia di Mare” dedicato alla mia seconda moglie croata-slovena-austriaca con la quale su un piccolo, un Impala 35, abbiamo navigato insieme dalla Laguna Veneta, all’arcipelago toscano e poi le isole della Dalmazia dove la brezza del mattino, il borin, porta da un’isola all’altra suoni di campane, di cicale e sussurri di pini. Amo molto anche “Il Blues dei Pioppi”. I pioppi mi hanno insegnato fin da piccolo a riconoscere il cambio di suono del vento tipico durante il temporale estivo.  Una esperienza che mi è stata utilissima anni dopo in barca per capire quando ridurre velocemente la velatura prima che arrivasse il vento dal lato opposto.

Hai partecipato a ben otto Festival di Sanremo in qualità di tecnico. Com’è stato vedere il Festival della canzone italiana da quella prospettiva? Cosa ti ha lasciato più di tutto quella esperienza?

Exhibo, la mia società, aveva da poco assunto la rappresentanza per l’Italia della Sennheiser Gmbh specializzata in microfoni e che ancora oggi rappresentiamo. È ed è stata per me una grande esperienza umana lavorare con tecnici della Radiofonia Italiana mai visti prima, scoprirci un po’ alla volta e darci una mano per risolvere i problemi man mano che nascevano. Erano vecchi professionisti che ben conoscevano il loro lavoro, ma erano sempre un po’ in ansia per il momento dei Livelli con Roma sempre a rischio di riverberi, fischi, intensità, timbro, equilibro tra i canali stereo. Sono felice di averli aiutati a risolvere quei problemi proponendo nuovi modelli di microfoni con caratteristiche differenti e meglio adatte a risolverli. Sono felice anche di poter raccontare una bella lezione per tutti, quella volta che raccomandai a Mike Bongiorno di parlare a una certa distanza da un nuovo tipo di microfono. Lui, Mike, vestito di tutto punto anche nelle prove, mi ascoltò, mise una mano nella tasca della giacca, estrasse un gesso bianco, si chinò verso terra e sul pavimento tracciò due righe, una dove stava il microfono e l’altra dove avrebbe dovuto stare lui. Un professionista assoluto. Ora Sanremo è molto differente. Lo spettacolo è un grande progetto televisivo con personaggi esigenti, competenti, internazionali. Sennheiser è rimasto fino ad oggi sempre un valido protagonista prima con i microfoni a filo e dopo senza filo che io stesso, verso gli anni 1970, ho raccomandato e introdotto. Oserei dire che l’ambiente dei primi anni era molto più vibrante e spontaneo di ora. Con tante emozioni come le tante mamme che sostenevano i figli e soprattutto le figlie, sorrisi e singhiozzi.

Cosa consiglieresti ai giovani che si stanno approcciando per la prima vita al mondo artistico? I sogni si possono realizzare?

Sì, i sogni si possono realizzare a condizione che si abbia una passione autentica, determinazione, salute ferrea, convinzione, confidenza in sé stessi, saper cogliere le occasioni, sapere vedere e riconoscere Kayros, il Dio greco della Fortuna, mentre sguscia e acciuffarlo per il ciuffo, saper ascoltare, onestà, lealtà, tenacia e serietà professionale.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Due giorni fa ho visto il lungo film “Ennio”. Sono stato molto colpito dalla tenacia, dalla curiosità, dalla capacità, dall’equilibrio di Ennio e dalla sua ricerca continua e senza sosta di suoni e melodie diverse e inusitate. Adesso ho in mente diversi motivi, ma prima vorrei meglio metabolizzare e inglobare quanto ho ascoltato. A breve, forse, qualche singolo. Grazie per questa intervista e per le ottime domande che ho molto apprezzato.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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