Se a illuminarci fossero le stelle

La parola “peccato” è una parola che spesso ci fa paura; seguire istinti traditori che ci conducono verso percorsi sfociati in errori. Continuare a camminare in quelle strade che conducono verso posti sempre più sbagliati, verso sentimenti che non vorremmo provare; e allora ci ritroviamo da soli, in un mondo che non conosciamo e che temiamo, da soli mentre cerchiamo di fuggire da ciò che ci fa stare bene, e anche da ciò che rappresenta il bene. Chiudiamo gli occhi per non guardare la realtà, una realtà tassellata di sentimenti anziché ragioni, una realtà in cui si preferirebbe pensare anziché amare. E invece… invece siamo incasellati in mondi divenuti case, costretti a viverci, costretti ad abitare in luoghi che più di tutti ci fanno paura. Non vorremmo davvero provare ciò che proviamo, non vorremmo essere la persona che siamo. Ma siamo nati per sbagliare, mentre sentimenti si tramutano in errori, crudeli errori caduti giù come neve, durante inverni che filtrano in anime. E vivere come se la vita non fosse mai esistita davvero, vivere come se nessuno ci avesse mai conosciuto; essere attorniati da giudizi rivelatori di errori in procinto di compiersi, o da dita puntate su comportamenti pensati ma non ancora vissuti. Corpi divisi in due parti, anime separate da ragioni, tirare corde per non lasciarsi influenzare, per non cadere in tentazione, per non essere come quella neve che ha il coraggio di sciogliersi e divenire acqua. E allora si continua… si continua a correre in strade buie ad occhi chiusi, con volti bendati, solo per la convinzione che i sentimenti, oscurandoli, verranno rimossi. Si continua a fare tutto questo tirando corde che ci separano dalla nostra vita che potrebbe cambiare, se solo lasciassimo perdere.. se solo iniziassimo ad aprire occhi, così come cuori, ed essere semplicemente noi stessi. La parola “peccato”, però, è una parola che spesso ci fa paura. Non possiamo arrenderci, non possiamo continuare a credere che sia il cuore il vero cervello di un’anima, non possiamo perdere questa battaglia. E così tutto dentro di noi diviene sfida: inconsci traditori cercano di rubare pensieri rivelatori, cuori cercano di rubare cervelli, anime cercano di rubare ragioni. E noi continuiamo a correre, al buio, ad occhi chiusi, con il viso bendato, mentre tiriamo corde; potremmo continuare all’infinito, solo perché il mondo ci ha detto che amare è sbagliato, solo perché non vogliamo apparire diversi. Corpo diviso in due parti: amare, pensare. E’ una lotta, la vita. Una lotta dove si crede costantemente che si possa vincere, che si possa ascoltare quelle società fondate su valori che impongono cambiamenti repentini, cambiamenti da compiersi solo in quelle anime che credono. Si corre, al buio. Si corre sempre. Si corre quando si vuole ignorare ciò che si prova, e si preferisce nasconderlo solo perché nessuno potrà mai scoprirlo, solo perché il mondo ha preferito giudicare anziché ascoltare. Ma.. la corda prima o poi si spezza. Niente dura così a lungo, nemmeno i pensieri che investono cervelli, oscurando sensazioni sorte in anime. E allora si è costretti a fermarsi un attimo, si è costretti ad aprire occhi e scoprire spiragli di luce che da sempre avremmo voluto nascondere. Alcuni ,quella luce, la chiamano “peccato”; ma chi la scorge la chiama semplicemente “vita”. Inconsci, cuori, anime. Battaglia sfociata in amore, ma amore vero. Amore che trasforma pensieri in sentimenti, e lo spirito rappresenta neve che ha il coraggio di sciogliersi e divenire acqua. E’ un errore, quell’acqua.. è un errore per quelle società fondate su dita puntate, giudizi, regole, principi rivelatori di errori e peccati. Diviene eterna, quell’acqua.. eterna come un marchio cucito sulla carne, come un marchio con il potere di ricordare al mondo intero di aver sbagliato, di aver “peccato”.

Era questo lo scenario dell’Inghilterra Ottocentesca, un periodo chiamato “puritanesimo”, il cui punto principale era la suprema autorità di Dio sulle questioni umane. Questa visione li condusse a ricercare la conformità individuale agli insegnamenti biblici, e ad inseguire dunque la purezza morale fino al più piccolo dettaglio. Ogni persona avrebbe dovuto essere continuamente riformata dalla grazia di Dio per combattere contro il “peccato” insito nell’uomo e fare ciò che è giusto, percorrendo una vita del tutto obbediente. La società e le norme arrivarono persino ad imporre a donne accusate di adulterio a dover indossare sulla pelle una A rossa per l’eternità, in modo da avere un marchio che le avrebbe ricordato sempre il “peccato” commesso. Questo significava per loro non poter vivere, doversi pentire di aver seguito cuori che non ragionano mai e che fermano corpi con il desiderio di correre per non pensare ad amori che in realtà non lo sono, a mariti che non le guarderanno mai come invece loro desiderano. E’ stato lo scrittore americanoNathaniel Hawthorne a raccontarci uno di questi episodi, con l’obiettivo di allontanarsi da regole che infrangono anime, allontanarsi da quelle società che impongono doveri verso donne fragili, sondando invece gli stati più reconditi della psiche umana, scoprendo che ogni adulterio ha una propria storia e una propria ragione, scoprendo anche che dietro ad ogni pena c’è sempre una persona. E’ proprio nel suo più celebre libro“La lettera scarlatta” che il “peccato” di una donna viene reso materialmente visibile dinnanzi a una comunità di puritani tramite una lettera “A” (di Adulterio) ricamata e posta sui suoi abiti. E’ un libro che rompe le convenzioni dell’epoca, che rompe quelle norme su cui l’intera società era stata costruita, norme che si fondavano sul divino e sull’importanza di Dio nelle cose, ignorando però la sua vera volontà: vedere il prossimo come sé stesso. Il romanzo racconta la storia di una donna, Hester Prynne, che vive nel New England puritano del XVII secolo e commette il peccato di adulterio. Ha una bambina, nonostante il marito non torni a casa da anni. E’ proprio questo che spinge la gente a interrogarsi su chi sia il vero padre; è proprio questo che spinge l’intera comunità a condannare la donna per l’eternità, mentre il suo corpo diviene sempre portatore di un marchio rosso, come se amare fosse sbagliato. Hester non vuole rivelare il nome del padre della fanciulla, semplicemente perché egli rappresenta il più importante punto di riferimento dell’intera comunità. Si tratta del reverendo Dimmesdale, persona rispettabile e mai chiamata in causa. Ha inizio così un infinito viaggio interiore e spirituale che l’autore fa compiere al lettore: un viaggio all’interno della psiche del reverendo, arrivando a scoprire le sue più profonde pene e i suoi sensi di colpa, rivelati anche nel cuore di Hester, soprattutto quando il marito, Roger Chillingworth, venuto a conoscenza della situazione, torna nella cittadina fingendosi medico per poter entrare nuovamente nella vita della donna e di sua figlia e fuggire via con loro. La donna diventa una persona da evitare, una persona che ha commesso il più grave reato, un “peccato” che sarà difficile rimediare, come se seguire un cuore fosse errore. Solo dopo sette anni trascorsi con un marchio cucito sul vestito come sulla carne e sul cuore, ella capisce che il mondo deve cambiare. Decide così di rivelare la vera identità di quel medico che, intanto, è divenuto amico del reverendo, mentre quest’ultimo capisce che amare non è peccato, che un cuore non è errore. I due decidono così di fuggire via con la loro bambina, convinti di trovare un posto dove la “A” significa solo Amore, fuggire via dopo il più celebre discorso che il reverendo avrebbe dovuto tenere dinnanzi a tutta la comunità. E’ proprio durante questo discorso che il reverendo si avvicina alla donna e alla fanciulla e dichiara la sua colpa mentre occhi sorpresi guardano il suo corpo fermarsi anziché correre al buio, ad occhi chiusi, con il volto bendato, mentre si tirano corde. Inconsci traditori rubano pensieri rivelatori, cuori rubano cervelli, anime rubano ragioni, e le emozioni rubano tutta la vita trascorsa nell’attesa. Sarà proprio l’emozione a cambiare la vita di Hester e della bimba, a cambiare il mondo, a uccidere il reverendo  Dimmesdale. Egli morirà colto dai troppi sentimenti e dalla troppa felicità; non ci sarà mai spazio per l’amore con Hester, né per sua figlia Pearl. Non ci sarà mai spazio per una vita insieme; ma il mondo cambierà. Hester, colta dal troppo dolore, decide di andare via con la sua bambina, in luoghi sconosciuti che nessuno conoscerà mai. Pearl diverrà una bellissima ragazza, e poi una donna: tutta l’eredità del reverendo verrà devoluta proprio a lei, la sua Perla. Molti anni dopo, sarà solo Hester a tornare e ad abitare nuovamente nella sua vecchia casa: diverrà lei il punto di riferimento dell’intera comunità, la donna a cui tutti si rivolgeranno per i propri problemi o per dei semplici consigli, e la sua vita diverrà un esempio da seguire quando si continua a correre al buio, ad occhi chiusi, con il volto bendato, mentre si tirano corde e non si capisce che importante è anche fermarsi e ascoltare il cuore.

E’ vero.. la parola “peccato” è una parola che spesso ci fa paura; seguire istinti traditori che ci conducono verso percorsi sfociati in errori. Continuare a camminare in quelle strade che conducono verso posti sempre più sbagliati, verso sentimenti che non vorremmo provare; e allora ci ritroviamo da soli, in un mondo che non conosciamo e che temiamo, da soli mentre cerchiamo di fuggire da ciò che ci fa stare bene, e anche da ciò che rappresenta il bene. Chiudiamo gli occhi per non guardare la realtà, una realtà tassellata di sentimenti anziché ragioni, una realtà in cui si preferirebbe pensare anziché amare. E invece… invece siamo incasellati in mondi divenuti case, costretti a viverci, costretti ad abitare in luoghi che più di tutti ci fanno paura. Non vorremmo davvero provare ciò che proviamo, non vorremmo essere la persona che siamo. Ma siamo nati per sbagliare, mentre sentimenti si tramutano in errori, crudeli errori caduti giù come neve, durante inverni che filtrano in anime. Siamo nati per capire che amare non è sbagliato, e che un cuore non è un errore; siamo nati per capire che dietro ad ogni errore c’è una storia, dietro ad ogni storia una persona, dietro ad ogni persona un’anima innamorata prima di tutto della vita, e poi di un’altra anima.

Hester Prynne morirà da anziana, in quella cittadina. La sua tomba verrà posizionata proprio accanto a una tomba vecchia e affossata, la tomba di un reverendo che un tempo morì per salvare la sua famiglia. E non sarà buio quel luogo, ma luce, quella stessa luce che alcuni hanno chiamato “peccato” ma loro due semplicemente “vita”. Così, tra le due tombe, come una stella che acceca umanità, ci sarà una scritta:

“ROSSA UNA A, IN CAMPO NERO”.


Articolo realizzato da Stefania Meneghella

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *