Riccardo De Stefano (kosmomagazine.it)Riccardo De Stefano (kosmomagazine.it)

Riccardo De Stefano è diventato noto soprattutto per la sua attività di critico musicale, che gli ha permesso di cibarsi di musica e di trasformare questa passione in una vera bevanda per l’anima. Ha così creato e diretto ExitWell, ha scritto due libri che parlano di musica e collaborato per vari eventi di natura nazionale. L’artista è oggi ritornato sulla scena musicale in qualità di musicista, presentando il suo nuovo singolo Era Novembre. Un brano, questo, che tratta di solitudine ma che vuole essere anche un monito a tutti coloro che – in quella solitudine – ci vivono. Ce ne ha parlato in questa intervista.


Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?

C’è un momento preciso che ricordo benissimo: primi anni 2000, sono un adolescente, ascolto distrattamente la musica che gira in casa e quello che passa su MTV. Un mio amico mi chiede di accompagnarlo a comprare qualche cd e mi convince a prenderne due: “Murmur” dei Rem e il quarto dei Led Zeppelin. Decido di partire da quest’ultimo e lo metto sul lettore cd: dopo 30 secondi sono perdutamente e per sempre innamorato della band e della Musica. Nel giro di qualche giorno eleggo Jimmy Page mia divinità personale e mi prometto una cosa: qualsiasi cosa farò nella mia vita, ci sarà la Musica dentro. Sono passati 20 anni e, almeno per ora, la promessa è stata mantenuta: di musica ne ho scritto, l’ho suonata, l’ho vissuta davvero.

Parliamo del tuo nuovo singolo Era Novembre: dove nasce l’idea per questo brano?

Di questo invece me ne ero quasi dimenticato, ma l’idea nasce nel 2016, quando mi venne in mente di fare una sorta di inchiesta con la mia rivista ExitWell sul percorso di una fittizia band indie, che si sarebbe chiamata “La Truffa”. Servivano le canzoni però, e allora ne scrissi un paio, una di queste ispirata alle atmosfere dei Cani e con lo stile metrico degli Zen Circus di allora. Evidentemente nel processo creativo tirai fuori qualcosa di molto personale e intimo, visto i risultati, per cui quando tra 2018 e 2019 scrissi il resto delle canzoni dell’album (che uscirà nel 2023), ripresi “Era novembre” che sembrava fatta apposta per quel progetto. E ovviamente de “La Truffa” non se ne fece mai nulla.

Era Novembre di Riccardo De Stefano (kosmomagazine.it)
Era Novembre di Riccardo De Stefano (kosmomagazine.it)

Si parla di Novembre, e si parla anche di persone sole che si incontrano e si riconoscono per quello che provano. Cosa consiglieresti a coloro che vivono nella solitudine e non riescono ad uscirne?

Senza entrare in ambiti che non mi competono, credo ci siano almeno due diversi tipi di solitudine. La prima è quella negativa, quella che può diventare una prigione e svuotare le persone; l’altra è più una predisposizione personale, un moto dell’anima che tende a salvaguardarsi e, se ben gestita, può anche essere utile. Se quest’ultima ha una sorta di valenza positiva, a chi si ritrova in quella solitudine amara, se non disperata, posso solo dire che il nostro cervello ci mente continuamente, che abbiamo la possibilità, sempre, di permettere alla luce di entrare e che quel dolore, che ti forma e ti rende ciò che sei, non durerà per sempre, visto che anche le stelle e l’universo prima o poi si spegneranno. Impugna quel dolore e scoprirai che è una forza incredibile che ti permetterà di poter fare tutto quello che vuoi, anche essere felice.

Come ti sei approcciato a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?

I miei ascolti, nonostante i dieci anni di attività nel campo dell’indie italiano, sono da sempre quelli del cosiddetto “classic rock”, nello specifico dell’art rock. La psichedelia e il progressive degli anni ’60 e ’70 sono da sempre nel mio cuoricino, e il tentativo umile, conscio del suo certo fallimento, è di emulare il genio creativo di artisti come David Bowie, Brian Wilson dei Beach Boys, Pete Townshend degli Who, George Harrison (specialmente il solista) o in tempi più recenti Win Butler degli Arcade Fire o Sufjan Stevens. Ho sempre pensato che sia necessario essere velleitari e puntare ad emulare i grandi geni della musica: il fallimento sarà inevitabile, ma forse, puntando alle stelle, riusciremo comunque ad alzarci da terra.

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