Renato Caruso (kosmomagazine.it)Renato Caruso (kosmomagazine.it)

Renato Caruso torna sulla scena musicale con il nuovo album Thanks Galilei, un progetto che parte da un concetto filosofico galileiano per concentrarsi sulla propria essenza musicale. L’artista ce ne ha parlato in questa intervista, svelandoci tutti i suoi progetti tra presente e futuro.


Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?

Ho avuto la fortuna di crescere in una famiglia che amava la musica, mio padre e mio fratello maggiore (anche lui artista, pittore) già suonavano, quindi c’erano chitarre da tutte le parti, anche tastiera ecc.  Poi con il passare del tempo mi accorsi che mi piaceva tanto e mio padre mi disse: perché non provi a fare il conservatorio? All’inizio ebbi un po’ di paura poi tutto filò liscio! La mia passione nasce semplicemente dal fatto che ho sempre respirato “note” a casa. Mio padre suona la chitarra e scrive, un cantautore amatoriale, e ha avuto per molti anni una scuola di musica. Il suo lavoro è docente di filosofia alla superiori ma faceva tutto questo per cultura musicale e per tutti noi ragazzi. Oltre a suonare con diverse band dell’epoca (anni ’60/’70) aveva la chitarra e un libro, sempre in mano. Era quasi ovvio che m’innamoravo di questi due mondi, libri e strumenti. Ci sono tanti strumenti a casa ma anche tanti libri.

All’inizio, quando scopri la musica, i tuoi punti di riferimento sono i dischi, la musica di famiglia, quindi mio padre che mi faceva ascoltare Beatles, Rolling Stones, Equipe 84, Battisti, mio fratello con i Litfiba, Ligabue, mamma con Nannini, Battiato e poi arrivano gli studi in Conservatorio che ti fanno innamorare della musica classica e da allora non smetto mai di ascoltare Chopin, Beethoven, Puccini, Verdi. Ho sempre questi dischi in primo piano. Poi arriva Sting, Pino Daniele, Pat Metheny, e sono loro che danno l’impronta ben definita al mio stile musicale.

Parliamo del tuo nuovo album Thanks Galilei: dove nasce l’idea per questo progetto?

La musica è da sempre un mistero, forse alchimia tra note, ritmo e qualche ingrediente che ancora non conosciamo. Eppure di una cosa sono certo: l’emozione percepita dall’ascolto di un brano varia dal momento in cui l’ascolti. Questo è l’ulteriore lato affascinante dell’arte e cioè il momento, l’istante, il tempo in cui si ascolta un brano musicale o si osserva un quadro. Proviamo a spostare la nostra visione del mondo musicale dalle note al momento (tempo) in cui si ascolta una canzone. Perché bisogna andare ad un concerto di sera e non alle nove del mattino o in pausa pranzo? Introduciamo una nuova variabile nella musica, il tempo, ma non inteso come ritmo, ma l’esatto momento della giornata in cui si fa musica.

Renato Caruso (kosmomagazine.it)
Renato Caruso (kosmomagazine.it)

Galileo Galilei parlava di relativismo in quanto il movimento dipende dall’osservatore, per me la musica dipende dall’ascoltatore: relativismo musicale. E non a caso Vincenzo, padre di Galileo fu un vero e proprio rivoluzionario della musica, forse la scienza è figlia della musica? Vedi anche l’impressionismo, i pittori dipingevano a seconda dei momenti della giornata. Ecco che un quadro poteva avere più interpretazioni, sempre lo stesso quadro. E perché non fare la stessa cosa con la musica? Perché non possono esistere diverse interpretazioni di un brano musicale a seconda dell’istante in cui lo si è suonato? Una nuova teoria della relatività della musica potrebbe funzionare. Un cd potrebbe contenere 10 tracce uguali ma suonate in momenti diversi durante l’arco di una giornata oppure tracce simili ma divise in generi diversi, proprio come fecero i cubisti. Ogni genere è un’interpretazione (che era il mio vecchio concetto di FuJaBoCla del 2007). E’ come se immergessimo la relatività di Einstein e l’impressionismo/cubismo nella musica, in fondo Albert pensava in musica… Ironicamente, è come unire in un’equazione la musica mettendola in relazione all’armonia, melodia, ritmo e il tempo: M = (a+m+r) * t. E’ il tempo, l’emozione, che decide la musica non la musica in sé.

Si tratta appunto di un progetto molto originale, dato che hai suonato la stessa traccia in diverse ore del giorno: cosa ti ha insegnato questa nuova esperienza e cosa vorrei trasmettere nel pubblico?

Vorrei semplicemnte far capire che nella musica non esiste soltanto la melodia, il ritmo e le parole ma anche il momento giusto per l’ascolto, il tempo esatto.

Come ti sei approcciato a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?

Diciamo che ho un approccio molto logico matematico della musica. I miei maestri sono stati Bach, Chopin, Morricone ma anche Einstein, Galilei, Newton… Per me loro sono i veri vip. Come lo intendo, nel mio relativismo musicale, il tempo è momento, istante, stato d’animo di una persona non come tempo musicale o ritmo. Ad ogni momento della giornata noi siamo persone completamente diverse. Ascoltare o suonare un brano alle 8 di mattina è completamente differente dal farlo alle 8 di sera. Ecco perché ho inciso un disco con 10 tracce uguali ma suonate in momenti diversi della giornata. Quindi le mie influenze hanno una duplice radice: musicale e filosofico/matematico. Mi ispiro alla musica spettrale di Grisey, o l’italiano Scelsi, ma anche a Morricone e Chopin. Penso a rivoluzioni della dodecafonia, in cui si elimina il centro tonale. Di sicuro, nella mia testa, una rivoluzione è in atto.

Quali sono i tuoi futuri progetti lavorativi? Puoi anticiparci qualcosa?

Al momento, oltre a concerti o eventi che trovate sulla mia pagina www.renatocaruso.it, non c’è niente in programma, un po’ di riposo mi fa bene. Nascondo però un libro di prossima uscita.

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