Raoul Moretti ritorna sulla scena musicale presentando l’album ‘Le intermittenze della vita‘, un lavoro discografico che racconta l’evoluzione psicologica accaduta durante il periodo pandemico. Lo strumento dell’arpa è infatti per lui sempre un’ottima fonte di ispirazione, che gli permette di creare mondi surreali e meravigliosi.

Il disco è prodotto e scritto dallo stesso Moretti, e vanta la preziosa collaborazione del cantante sardo Beppe Dettori, e anche dei musicisti Wan Xing e Chan Shek Ming (che hanno suonato gli strumenti a corde della tradizione cinese, il Guzheng e il Gugin).


Com’è avvenuto il tuo primo approccio alla musica e, soprattutto, allo strumento dell’arpa?

Ho avuto il classico approccio che si ha da bambini, con il consiglio dei miei genitori. In realtà iniziai col pianoforte, dopodiché, a 15 anni, sono entrato in Conservatorio ed era usanza all’epoca fare richiesta di ammissione per più strumenti. Feci richiesta anche per l’arpa e, pian piano, ho iniziato a conoscerla e l’ho trasformata poi nel mio strumento.

Parliamo del tuo nuovo lavoro discografico ‘Le intermittenze della vita’. Come nasce l’idea per questo lavoro e qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere?

Questo progetto, che è il mio quarto disco da solista per arpa elettrica, porta avanti un percorso musicale dedicato a questo strumento. L’idea è nata durante il primo lockdown: in quel momento di pausa, ho avuto la possibilità di concentrarmi e studiare nuovi suoni, in modo da ampliare le possibilità dello strumento. Così, a poco a poco, ho iniziato a registrare queste idee. Nel secondo lockdown ho invece strutturato l’idea del disco, in modo da rappresentare il periodo che abbiamo attraversato.

Hai collaborato con gli artisti Wan Xing e Chan Shek Ming, che suonano due strumenti della tradizione cinese. Com’è stato unire la tua musica con la loro? Ci sono delle analogie tra la tua musica e la loro?

È stato un bell’incontro tra due mondi lontani. Da un punto di vista simbolico è stato importante, perché la Cina e l’Italia sono stati i primi paesi a vivere quest’emergenza sanitaria, tant’è che con Wan Xing abbiamo realizzato un video a distanza simbolicamente forte, in cui io re-arrangiavo una musica tradizionale cinese che abbiamo suonato insieme. Ci ha accomunato la voglia di sperimentare. Noi tre abbiamo un approccio simile, sotto questo punto di vista: suoniamo uno strumento classico in un contesto contemporaneo. La mia curiosità si è così incontrata con la loro curiosità.

Il disco è strutturato in diverse parti e, così dicendo, mi sembra quasi di leggere un libro (ossia una storia detta attraverso le note). Era questa la tua intenzione iniziale?

Si, è vero. Sono partito dalle suggestioni sonore, immaginandole come fossero delle colonne sonore di un film distopico. Poi, con lo sviluppo dell’album, è diventato quasi un libro, tant’è che l’idea iniziale era farlo uscire insieme ad un libro che raccontasse quest’esperienza. Questo è un progetto per cui ho preso dei contatti, ma che per ora non ha visto la luce. L’album è strutturato in quattro parti: le prime due rappresentato un momento rivolto verso l’esterno e il gemellaggio con la Cina; le seconde due sono più legate ad un’analisi interna e psicologica.

Nel corso della tua carriera hai collaborato con numerosi artisti. C’è stata una collaborazione che ti è rimasta particolarmente nel cuore?

È una domanda molto difficile, perché i nomi più famosi regalano un’esperienza estemporanea e ti danno uno stimolo molto importante. Le altre collaborazioni sono invece delle vere e proprio palestre, perché ti permettono di creare un progetto di crescita musicale. Ad oggi, ti direi che l’esperienza con Beppe Dettori è stata la più importante degli ultimi anni, dato che mi ha affiancato in tre album.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Tornare dal vivo. È quello che ci manca di più. Stiamo iniziando a programmare dai primi di aprile una ripartenza: sia con il mio progetto da solista “Arpa elettrica: live eletronics and visual”, sia con “Animas” insieme a Beppe Dettori.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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