Neja sarà una delle protagoniste della terza serata di Arena Suzuki, lo spettacolo realizzato all’Arena di Verona e condotto dal bravissimo Amadeus. La messa in onda avverrà sabato 1 ottobre sempre su Rai 1. La cantante è infatti ritornata sul palco dell’Arena dopo ben 23 anni: la sua ultima volta era stata durante il Festivalbar. Sono trascorsi molti anni, ma la sua voce e la sua personalità non sono cambiati di una virgola: canterà Restless, il brano che ha riscosso più successo della sua compilation e che – ancora oggi – viene cantato da tutti: giovani e adulti.


Hai alle spalle numerosi riconoscimenti e successi, ma com’è nata questa fiammella per la musica? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?

Ho cantato sempre, non ricordo un giorno nella mai vita in cui non abbia cantato. Ci sono cresciuta da piccolissima. È poi nata più intensamente durante l’adolescenza: era il mio modo di potermi esprimere e potermi sentire brava in qualcosa. Cantavo spesso Whitney Houston e Mariah Carey. Mi sono poi fatta male alle corde vocali e ho dovuto curare questo problema: ho iniziato così a studiare canto, ma non avevo mai pensato di fare la cantante. Mi sono infatti iscritta alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, e tutto è scoppiato poco prima della laurea. Da lì non ho più smesso.

Sei tornata all’Arena di Verona dopo 23 anni dalla finale del Festivalbar: cosa è cambiato da allora e quanto si è evoluta la tua musica?

È cambiata con me. In questi 23 anni ho scritto insieme a molte persone tanta musica e di generi diversi. Mi sono spostata verso il mio amore primario, che è la musica jazz e acustica. Ho inoltre fatto una serie di album in chiave jazz, e questi sono stati brani che mi hanno fatta crescere.

Cosa deve aspettarsi il pubblico da questa terza serata di Arena Suzuki? Puoi anticiparci qualcosa?

Una delle serate più scoppiettanti, ci sono artisti che sono dei colossi della musica mondiale. È stato come rivivere il Festivalbar, e sembrava quasi un sogno. La trasmissione è molto riuscita, ed è godibilissima. Amadeus e Massimo Alberti sono stati bravissimi, hanno capito che la gente aveva bisogno di un salto nel tempo e di un po’ di leggerezza. Abbiamo bisogno di qualcosa di positivo, allegro, riflessivo. Ci sono anche artisti che cantano delle ballate molto intime, ed è stato sicuramente un flashback nel passato. Per molte persone, è sembrato di rivivere i propri momenti di vita.

Ti sentiremo cantare Restless, uno dei tuoi più grandi successi. Cos’ha rappresentato per te questo brano e cosa rappresenta oggi?

Ha rappresentato il mio brano di punta, quello che è conosciuto in assoluto. Devo tanto a questo pezzo, a chi l’ha scritto e arrangiato, a tutta la gente che ancora oggi si emoziona con questa canzone. Quando la melodia è forte, passa attraverso qualsiasi limite temporale e spaziale. Resta il mio pezzo più importante, la mia medaglia d’oro.

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Chi sono stati i maestri musicali da cui hai preso ispirazione per il tuo stile?

Io cito sempre Sting, perché mi piace il fatto che sia così utile e versatile e che possa passare per vari generi con maestria. Ho inoltre sempre ascoltato Stevie Wonder e Madonna, ma ultimamente sto ascoltando diversi generi musicali. Ci sono molti artisti che – con il tempo – sono diventati i miei punti di riferimento.

Quali sono i tuoi futuri progetti?

Ce ne sono molti. Uno di questi è quello di portare la musica pop/dance nei teatri, prendendo anche altri artisti e facendo una sorta di viaggio all’interno della musica più iconica. Ci sono poi dei brani nuovi che dovrebbero uscire e che sto portando avanti con varie produzioni.

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