Moci è giovanissimo ma ha già alle spalle numerosi riconoscimenti: è stato infatti definito la ‘Next Big Thing della scena romana‘ da Rockol, Artista del mese per MTV, ‘cantautore romano all’incrocio tra Mac DeMarco e gli Slowdive‘ secondo DLSO. Oggi è ritornato sulla scena musicale presentando sé stesso attraverso il brano Mi faccio paura: un singolo che rispecchia la propria interiorità e che la regala al pubblico.


Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?

Come molti e molte ho iniziato da ascoltatore. Fin da piccolo ho sempre desiderato salire su un palco; mio cugino suonava la batteria in una band con cui provava tutti i weekend in camera sua, spesso in mia presenza. Ai miei occhi di ragazzino che si approcciava per la prima volta alla musica, sembravano fenomenali, suonavano gli Europe alla perfezione; rimasi così rapito da decidere che anche io avrei avuto una band. Due anni dopo su un palco ci sono salito sul serio, basso in mano e microfono davanti alla bocca, alla batteria accanto a me mio cugino.

Per il tuo primo singolo, sei stato nominato come Artista del mese da MTV. Cosa è cambiato da allora?

Se non si considerano pandemie, lockdown e coprifuoco vari direi che è uscito il mio primo album (Morbido), ho aperto il mio studio di registrazione insieme alla mia etichetta, mi sono laureato e ho cominciato una complessa lotta personale contro una serie di demoni che questi anni complicati hanno portato a galla. Soprattutto ho scritto tanta nuova musica, un po’ ispirata a quest’ultimo punto, che non vedo l’ora di tirare fuori.

Parliamo del tuo nuovo brano Mi faccio paura: dove nasce l’idea per questa canzone?

Si tratta di un testo molto personale, parla della paura di ripartire ma anche di quella di allontanare le persone per via delle fragilità e delle difficoltà che mi affliggono in questo periodo. Non c’è un’idea di partenza, è tutto molto istintivo, anche per questo la sezione musicale, curata insieme ad Alessio Leo, è così schizofrenica e poco regolare.

Il sound è davvero molto originale, ma cosa c’è dietro tutto questo? Com’è nata la costruzione del tuo stile?

Il brano è prodotto e suonato da me in collaborazione con Alessio Leo, amico e fratello con cui collaboro fin dall’inizio del mio percorso artistico. Dietro la costruzione di questa canzone ci sono mesi di lavoro a distanza; Alessio al momento si trova in Salento, passati su Discord a lavorare insieme alla produzione di questo brano, non ci siamo lasciati sfuggire neanche un dettaglio. È il primo brano che rilascio completamente autoprodotto, la paura è tanta e ci sentiamo molto più vulnerabili del solito, ma allo stesso tempo c’è anche molta soddisfazione. Il percorso musicale di questo progetto, seppur giovane, è lungo e tortuoso, si parte dai Beatles e De Gregori per passare ai Verdena e Mac De Marco; ora mi sento più vicino a Yves Tumor, gli Idles e King Krule.

Parli di autolesionismo, depressione, sensi di colpa: secondo te qual è il segreto per affrontare questi sentimenti negativi?

Non ho una risposta a questa domanda, in quanto si tratta di ferite ancora aperte, demoni con cui combatto ogni giorno e spesso senza neanche vincere la mia battaglia quotidiana. Ho capito negli ultimi mesi quanto sia importante parlare, comunicare, ascoltare, farsi ascoltare ed ascoltarsi. Non credo ci sia un modo corretto per farlo, suppongo che ognuno abbia il suo.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho tante altre canzoni da fare uscire, forse un disco o forse più di uno, presto vi dirò tutto, probabilmente quest’estate porterò anche un po’ di della mia musica dal vivo, non vedo l’ora.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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