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Martina Castellarin“Il giudizio” – booktrailer

 

 

 

Cos’è il silenzio, luogo che ruota attorno al caos? 

Cos’è quella preghiera che cerchiamo, a volte invano, a volte quando siamo disposti a mettere a rischio tutto, anche la nostra stessa vita? 

E cos’è il mondo? Chi l’ha creato? Chi ci ha portati qui? 

Cos’è quella dimensione in cui siamo proiettati, e cos’è la vita, quando noi ne facciamo parte? 

Migliaia…migliaia di interrogativi, domande, riflessioni, misteri. Tutto. 

Il tutto si può confrontare con il niente? 

E il niente esiste davvero? 

Mondi, mondi che ruotano attorno a un unico “lui”, a un unico Dio che ci guarda da lontano, sbirciando da una tenda trasparente i cui colori sono perduti nel cielo. E noi anche, siamo nel cielo. Ma lo siamo con l’anima, e con i sogni, e con i mille modi che abbiamo di essere noi stessi.

E’ un po’ questo il significato del libro che approfondiremo oggi. Un libro che potrei associare ad un solo aggettivo, capace di comprendere ogni sua minima sfumatura. “Intenso”. Un’intensità quasi diversa, superiore, un’intensità introspettiva. L’intensità di chi crede e lo scrive, quasi per urlarlo al mondo, quasi per urlarlo a sé stesso.

Proprio come è accaduto a Martina Castellarin, autrice del libro “Il giudizio” (Tau Editrice). Un libro che parla di cose vere, in una società in cui la verità sembra essere perduta.

Il protagonista, padre Anselmo, vive infatti un momento di confusione, quasi stordito dal “chiasso” del mondo, da chi dice di cambiare, da chi dice di rischiare. Inizia così un percorso: interiore, introspettivo, psichico. Un percorso che lo condurrà a non poche scoperte.

Tra le pagine di questo meraviglioso libro, non passa inosservato lo stile dell’autrice che si affida completamente a una serie di lettere per esprimere tutto il suo sentire, il suo vedere, ma soprattutto il suo amare.

Lascio la parola a Martina Castellarin, con l’augurio di proseguire in questo meraviglioso percorso.

In foto: Martina Castellarin (apparsa nel libro "Il giudizio")
In foto: Martina Castellarin (apparsa nel libro “Il giudizio”)

D: Come nasce l’idea per questo romanzo?
R: Nel settembre del 2015 è venuto a mancare mio padre; lui incarnava alla perfezione la virtù teologale della speranza: non allentava mai la presa, sempre pronto a ricominciare daccapo anche quando la vita lo sottoponeva a forti contrarietà. Un esempio da seguire, un uomo che sapeva accoglierti per quello che eri nelle tue complessità e fragilità d’animo. Ho pensato fosse giusto dedicargli un libro, uno scritto che parlasse di scelte di vita, di ostacoli oltrepassati, di perseveranza… di lui.
D: Qual è il tuo legame con Dio e con la spiritualità?
R: All’età di 22 anni, sostando come un semplice visitatore nella Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Bristol, in Inghilterra, durante il mio primo anno di università, avvertii un forte senso di pace interiore. Tanto bastò per smuovere il mio animo ed intraprendere un cammino che mi ha accompagnato verso una conoscenza più profonda dei misteri di Dio e che perdura ancora oggi nella mia vita di moglie e madre di tre figli. In quegli anni iniziai a leggere con attenzione il libro della Bibbia che trovai riposto sulla mensola della mia camera, nella residenza riservata agli studenti. Questa è una sana abitudine adottata in molte università inglesi: lasciare Il Libro della Vita appoggiato su uno scaffale, pronto per essere consultato, scoprendo pagine piene di storia, saggezza, ed approfondimento sulla figura umano/divina di Gesù Cristo.

D: Quali sono le differenze e le analogie tra te e Padre Anselmo, il protagonista del tuo libro?
R: Io e Padre Anselmo ci teniamo per mano durante tutti i capitoli del libro: con lui ripercorro alcune delle mie perplessità giovanili, quando la scelta della vita consacrata esercitava su di me un forte fascino e mi domandavo quale fosse la strada giusta da seguire. Nel racconto, il religioso, dopo lunghi anni di gaudio spesi al servizio di Dio, comincia a dubitare nel suo intimo riguardo alla sua scelta vocazionale: egli, per la prima volta, intravvede nella vita fuori dal convento una inattesa promessa di felicità che suscita in lui un forte subbuglio interiore. Al contrario di padre Anselmo, tuttavia, sono arrivata alla scelta del matrimonio religioso con maturata convinzione: questo sacro vincolo rappresenta per me una decisione definitiva, un “per sempre” che non viene percepito come una rinuncia, bensì come un impegno d’amore che arricchisce la mia vita e la completa, pur nel sacrificio dei doveri relativi al mio stato di vita.

D: Secondo te, quale sarebbe il modo migliore per fuggire dal caos della quotidianità e rifugiarsi in una dimensione surreale e spirituale?
R: Ognuno di noi ha in sé un seme di spiritualità, ci sono molti modi per coltivarlo. Io consiglio sempre ai miei figli di porsi delle domande, riflettere sulla vita da diversi punti di vista, e non presumere di conoscere la realtà delle cose solamente attraverso i libri. Ritengo che per coltivare un certo grado di spiritualità, vi sia l’esigenza di trovare brevi momenti di ritiro per capire sé stessi alla luce di Dio nel silenzio, cercando di portare ciò che si coltiva nell’intimo del cuore tra le persone che si incontrano nel quotidiano. Se consideriamo che la Chiesa come istituzione, sembra quasi essere vissuta secondo l’esperienza di molti, più come “un libro da consultare” che “una persona da incontrare”, si può forse intravvedere perché Essa non gode ancora di una speciale attenzione da parte dei giovani, né della collettività in senso più ampio. La fede è un’esperienza che s’incarna nel proprio vissuto e pertanto ha bisogno di essere condivisa, necessita trovare un contesto favorevole dove crescere e diventare matura. Ascolto, comprensione, consiglio, disponibilità: questi, a mio parere, dovrebbero rappresentare i tratti distintivi del pastore di anime.

D: Il tuo libro è composto per lo più da lettere. Qual è il tuo rapporto con le parole e con la carta?
R: Parlo tre lingue correttamente: italiano, inglese e spagnolo e da sempre amo leggere ‘ascoltando’ il suono delle parole; ricordo con nostalgia quando ero all’università, le mie lunghe conversazioni passate accanto al mio fedele amico, il dizionario, che mi aiutava a comprendere il significato delle parole in tutte le loro diverse modalità d’espressione. In realtà, adoro scrivere al computer, ma non leggerei mai un libro sullo schermo! Nella mia biblioteca personale i libri sanno di vissuto, li prendo e li riprendo a mio piacimento, spesso sottolineandone le frasi più significative. Percepisco ogni libro a me noto, quasi come un vecchio amico al quale domandare consiglio: io conosco lui e lui conosce me, un intreccio, questo, facilmente comprensibile per chi coltiva la passione per la lettura.

D: Hai avuto mai dubbi circa la tua spiritualità?
R: Mentre mio padre ha largamente manifestato durante la sua vita i doni racchiusi nella virtù della speranza, a me è stata data in dono la grazia della fede: una fede semplice, ma certa. La dualità della figura umano/divina di Gesù Cristo ha catturato fin da subito la mia attenzione e, come spesso accade alle persone che hanno avuto una significativa esperienza di fede, questo incontro ha trasfigurato la mia vita poiché, l’azione dello Spirito, diviene per il credente una presenza reale che s’incarna all’interno del suo vissuto e lo arricchisce.

D: Il quarto capitolo è introdotto da un brano del Vangelo (Isaia 43, 16-21). Spiegaci che significato hanno per te quelle parole. 
R: “Aprirò anche nel deserto una strada”: in questa frase si incentra l’invocazione che il Signore fa scaturire dalla bocca del profeta Isaia. Durante i contrasti della mia vita, il Signore mi ha sapientemente mostrato che in alcuni casi bisogna avere fiducia nel Suo intervento. Gli esseri umani sono abituati a pensare che il destino appartenga interamente alla loro capacità d’azione; tuttavia, nella mia esperienza, ho capito che lasciare fare a Dio sapendo attendere i Suoi tempi, dà frutti più duraturi e soddisfacenti rispetto all’agire caparbiamente secondo il proprio modo di vedere le cose.

D: Cosa speri di trasmettere al lettore?
R: La mia passione per la scrittura, per Dio e per il libro della Bibbia che, pur essendo largamente diffuso, rimane un testo ancora alquanto inesplorato dall’uomo moderno, il quale, distratto da altre fonti del sapere, non sa coglierne appieno il grande valore educativo, sociale e spirituale che le sue pagine custodiscono.

D: Quali sono i tuoi futuri progetti in merito alla promozione del tuo libro?
R: Oltre alle presentazioni del libro già in programma nei prossimi mesi in diverse sedi e città, sto valutando l’apertura di un sito internet personalizzato che includerà un blog dove tratterò diverse tematiche inerenti al libro in questione, in attesa del mio secondo progetto letterario. Ad oggi, la mia pagina Facebook “Martina Castellarin” è molto seguita ed offre diversi spunti di riflessione per l’uomo contemporaneo. Inoltre, a breve, rilascerò un’intervista radiofonica incentrata su “Il Giudizio”; sarà mia cura riportare i link di riferimento per chi volesse ascoltarla oppure leggerla nella successiva trasposizione verbale on-line.


Ringrazio Martina Castellarin per la sua collaborazione e per il tempo che mi ha donato, augurandole di continuare a sorprenderci e a sorprendersi.

 

Recensione e intervista a cura di Stefania Meneghella

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