E’ approdato nelle librerie italiane il nuovo libro dell’autrice spagnola Mara Mahìa, “Segreti” (Arkadia Editore, 2022, traduzione di Alessandro Gianetti). Il suo romanzo ci porta – ancora una volta – alla scoperta del tragico periodo della Guerra Civile Spagnola: una fase della storia che ha visto dolori, pianti, sofferenze. Lo stile dell’autrice ha saputo commuovere il lettore, ma anche spalancare i suoi occhi di paura. Ha saputo trasformare la storia in un viaggio nelle emozioni umane, nel sangue, nella perdita, nei corpi divenuti presto anime. Ha saputo inoltre mettere a riparo le sue tragedie, e farle diventare – sempre di più – speranze. Il nuovo romanzo di Mara Mahìa è una piuma leggera, che si posa sulla pelle di chi legge e lo trasporta in una dimensione del tutto nuova, a volte anche trasparente. In una dimensione in cui c’è il dolore di non aver vissuto abbastanza, ma c’è anche la voglia di giustizia: la voglia di scappare, e di guadagnarsi – con le proprie forze – quel futuro distante che tutti noi, almeno una volta, abbiamo sognato.


Com’è nato il tuo primo approccio alla scrittura? Quando hai compreso che sarebbe stata la tua strada?

Credo che tutto sia nato dal mio amore per la lettura delle fiabe di Andersen e dei fratelli Grimm. La prima volta che mi ricordo, seduta a una macchina da scrivere, ero una bambina di circa dieci anni. Avevo letto una notizia che mi aveva profondamente indignato. Il giornale aveva detto che qualcuno era stato costretto ad abbattere un cavallo perché si era rotto una zampa. La cosa mi aveva fatto arrabbiare. Scrissi una lettera al direttore, ma non la inviai. Molto più tardi, quando mio padre morì, scoprii scoperto un diario molto ben scritto di mio nonno che risaliva al 1919, nel quale, all’età di quattordici anni, raccontava il suo primo viaggio a Buenos Aires e parlava del suo lavoro di giornalista. Suppongo che, in un certo senso, la vena letteraria venga da quel ramo della mia famiglia.

Parliamo del tuo nuovo libro, Segreti (Arkadia editore, 2022, traduzione di Alessandro Gianetti). Come nasce l’idea per questo lavoro?

Da decenni ero ossessionata dal tema della guerra civile e dalla situazione di oppressione che le donne dovettero vivere durante gli anni del franchismo. Parte della storia è ispirata dal mio complicato rapporto con mia madre, cresciuta sotto il regime fascista. Tuttavia, l’intera storia nasce da “voci” di cui gli anziani parlavano durante la mia infanzia. Siamo una famiglia numerosa e i miei nonni erano emigrati a Cuba e in Argentina all’inizio del XX secolo. Non si sono mai stancati di parlare di quell’esperienza con grande nostalgia, ma ebbero la sfortuna di tornare in Spagna nel 1934, solo un paio d’anni prima dell’inizio della Guerra Civile. Mio nonno era un uomo tranquillo, non parlava quasi mai. Ma mia nonna era una donna molto forte, eppure ricordo sempre che abbassava la voce quando si parlava del dopoguerra. Raccontavano anche storie magiche di anime in pena o di stregonerie, o di eventi inspiegabili. Mio padre era molto fantasioso e ci raccontava storie esagerate ed epiche che mi affascinavano. Ma in “Segreti” ho voluto dare voce alle donne, dare risalto a quelle donne che sono state messe a tacere durante il periodo della guerra civile. Mi piaceva l’idea di creare un racconto dove finalmente avrebbero parlato solo voci femminili.

Il protagonista del tuo romanzo è senz’altro il segreto, ma anche la ricerca incessante di verità e giustizia. Secondo te, quanto i segreti di una famiglia (e anche di una comunità intera) possano cambiare il destino e il futuro? Pensi che sia importante sapere la verità ad ogni costo?

Personalmente credo che sia importante conoscere le proprie radici, sapere da dove veniamo per capire chi siamo. La famiglia, in “Secreti” rappresenta in qualche modo il silenzio, l’occultamento, che ancora oggi è stato mantenuto in Spagna rispetto ai crimini del regime di Franco. Nella mia famiglia ci sono molti vuoti fatti di storie irrisolte. Con “Secreti“, in un certo senso, volevo creare una famiglia in cui la voce narrante svelasse dei misteri. Volevo mettere insieme un puzzle che il lettore stesso avrebbe dovuto comporre. Ho fatto qualcosa di simile, o anche più frammentato, in “La dueña del Plaza“, la seconda parte della trilogia “Segreti“.

La storia è ambientata nel periodo della guerra civile spagnola: com’è stato parlare di quel conflitto?

I miei genitori sono nati durante la guerra civile. Hanno vissuto la loro infanzia durante gli anni peggiori della Spagna contemporanea, durante il periodo più repressivo del regime di Franco. Hanno sofferto molto, hanno sofferto la fame. Ma la cosa peggiore è che la loro educazione è stata duramente influenzata dalla pedagogia bigotta e ignorante del regime di Franco. La dittatura si impegnò di fare il lavaggio del cervello a un’intera generazione. Il rapporto con dei genitori che, per tutta la vita, sono stati a contatto con l’indottrinamento fascista mi ha segnato in modo profondo. Inoltre, Franco è morto quando io avevo otto anni, nel 1975. Ricordo perfettamente l’aria rarefatta, l’incertezza, la segretezza, i mormorii degli anziani e l’enorme cerimonia che le suore organizzarono nella scuola cattolica che frequentavo. Credo che i bambini abbiano un senso straordinario della paura.

Come ti sei approcciata a questo genere stilistico? Chi sono stati i tuoi maestri letterari?

Comporre Secreti ha richiesto molto lavoro. La prima stesura del romanzo era strutturata in modo diverso. Ma non sembrava funzionare. Ho cambiato il finale due o tre volte. La voce narrante è nata in modo molto spontanea, la voce della madre invece mi ha fatto passare notti insonni. Per quanto riguarda i miei “maestri letterari“, penso che siano un gruppo di autori piuttosto eterogeneo. Ho letto molto più quando ero adolescente rispetto ad adesso. Sono felice di essere cresciuta in un mondo senza reti sociali o internet. All’epoca, la lettura era l’unico modo per conoscere altre storie. Fin dall’infanzia ricordo di aver letto Andersen e i fratelli Grimm, poi Dostoevskij, Tolstoj, Hemingway, Steinbeck, Flaubert, José Saramago, Natalia Ginzburg, Iris Murdock, Toni Morrison. Quando ho scoperto García Márquez sono atterrata in un’altra galassia. Di Julio Cortázar e Phillip Roth credo di aver letto tutto.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Attualmente sto lavorando alla terza e (credo) ultima parte della saga dei “Segreti“. In questo romanzo, che sto finendo, il narratore cerca di chiudere il cerchio e di dare un finale ad alcune storie di famiglia. “Secreti” parla dei rapporti all’interno di una certa famiglia; “La dueña del plaza” si concentra sulla memoria di una donna che vive nello stesso paese di quella famiglia, e i temi principali sono la violenza e la capacità di perdono. Nella terza parte seguiamo la narratrice di “Segreti” nella sua ricerca della “verità. È un romanzo sulla perdita e sulla difficoltà di “lasciar andare il dolore“.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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