L’Associazione di promozione sociale Amleta ha deciso di costruire un nuovissimo progetto che, sicuramente, ha già molta strada davanti a sé. Si tratta del test Amleta, definito da loro stessi come uno strumento utile a rilevare la rappresentazione femminile nelle opere drammaturgiche, cinematografiche e letterarie.

I partecipanti all’intero progetto sono stati la Coordinatrice Laura Tedesco, Paola Giglio, Monica Faggiani, Debora Zuin, Guiditta Pascucci, Francesca Ciocchetti e Luca d’Arrigo. Tutte persone che hanno sentito l’esigenza di approfondire le tematiche relative alle differenze di genere e di creare così un lavoro tutto nuovo e originale sulle analisi dei testi. Non serve aggiungere altro: a rispondere alle nostre domande, ci hanno pensato Laura Tedesco e Paola Giglio.


Partiamo subito dal vostro progetto dal titolo ‘Test Amleta’. Come nasce l’idea e come siete riuscite a concretizzarla?

Il progetto di ‘Test Amleta‘ nasce da Amleta stessa, proprio perché la nostra mission è comunque fare una ricerca dati e dare dati oggettivi rispetto a quelle che sono a volte definite ‘sensazioni‘. Essendo attrici e discutendo tra di noi, ci ponevamo sempre la stessa domanda: “Perché i personaggi femminili sono viste sempre come mogli e madri? Perché agiscono sempre in questa maniera, o meglio non agiscono?“. Abbiamo così pensato di creare un test che possa rivelare come avviene la rappresentazione del femminile in testi teatrali e non solo (ci siamo infatti estese anche in altri ambiti artistici). Spesso ci ritroviamo ad interpretare in scena personaggi con il quale non abbiamo abbastanza elementi per approfondire o per andare in fondo: dobbiamo quindi fare un ulteriore lavoro. Abbiamo dunque pensato a un modo per andare a individuare i cliché presenti in questi testi, senza dare un giudizio artistico ai testi che vengono esaminati. In questo modo, si può aprire un po’ la mente: siamo attrici e drammaturghe e, per noi, è stato molto utile porre attenzione ad alcuni aspetti. Tutti i giorni, noi viviamo mille sfaccettature del nostro essere donne ma ne vediamo rappresentate soltanto pochissime. Non si tratta di limitare la creatività, ma di aprirla.

A proposito di questo, ci sono state secondo voi delle conquiste per le donne del mondo dello spettacolo?

Sicuramente sta cambiando qualcosa, soprattutto all’estero. Lì ci sono ruoli diversificati per donne, e c’è una leggera differenza. Sono molto più avanti su queste tematiche: in Inghilterra ad esempio, nei cast c’è il 50% di uomini e il 50% di donne. In Italia, qualcosina sta cambiando ma non allo stesso livello dei paesi esteri. Nasce proprio qui Amleta. Una prima conquista è stata infatti prima di tutto quella di parlare di queste tematiche: Amleta è la prima associazione costituita da attrici che si pongono il problema a livello di gender gap. Abbiamo fatto una mappatura con i lavori più importanti, la quale ha evidenziato un aspetto molto importante: nel triennio 2018-2020, la presenza di donne nei ruoli apicali (come drammaturgia e regia) era bassissima. Si sta iniziando adesso a parlare di questo, soprattutto nell’ambito teatrale.

Cosa ne pensano invece gli uomini a cui proponete questa idea?

Ci sono grandi sostenitori e grandi alleati, e altri che possono avere dei dubbi e perplessità. Dipende molto dalla sensibilità personale, ma anche da una sorta di educazione. Restano anche un po’ smarriti dal fatto che le donne vogliano avere uno spazio tutto loro. In qualche modo, molti non ci hanno nemmeno mai ragionato. Per questo, è nato il test: proprio per dare prova di come possa esserci qualcosa di sbagliato nella rappresentazione di un testo teatrale.

Quale dovrebbe essere, secondo voi, il modo migliore per contrastare queste differenze di genere?

Noi stiamo cercando di applicare il nostro pensiero alla pratica: innanzitutto, il modo migliore è porre i problemi. Amleta è sicuramente un esempio virtuoso: siamo 28 attrici unite, e stiamo cercando di portare avanti questo discorso anche a livello politico. Prendiamo posizione, ci dedichiamo all’attivismo e cerchiamo di raccogliere testimonianze di attrici che hanno subito discriminazioni, violenze o differenze di genere. Aiutiamo chi si rivolge a noi in varie maniere, a volte anche sostenendo le spese legali. Abbiamo fatto un accordo con ‘Differenza Donna‘, un gruppo che si occupa di violenza di genere: ha un suo team di avvocati e psicologi, e noi siamo in accordo con loro. Questa è la parte più pratica del nostro attivismo: il test Amleta vuole essere invece una rappresentazione del nostro immaginario. C’è qualcosa di strano nella descrizione che si fa degli esseri umani. Se io non vedo la mia sensibilità rappresentata, mi ritrovo in qualche modo in una condizione di sudditanza. Lo stesso vale per gli uomini.

Com’è avvenuto il lavoro dedicato al Test Amleta?

Ci abbiamo lavorato per due anni, mediante delle riunioni settimanali finalizzate alla costruzione di questo strumento. Abbiamo stilato queste domande con molta attenzione, proprio per non farle apparire come un‘arma di giudizio. C’è un interesse di fondo in chi fa il Test; c’è una scintilla accesa rispetto alla voglia di capire e di identificare i cliché. Un testo in cui ci sono solamente personaggi maschi è un testo in cui non c’è una ricerca rispetto alla rappresentazione femminile (ma comunque può essere un testo valido). E’ infatti legittimo che qualcuno decida di scrivere qualcosa solo sugli uomini. Il nostro, è uno strumento finalizzato a comprendere la presenza di una rappresentazione femminile e fino a che punto arriva. Bisogna stare molto attente a come parliamo del Test, perché alcuni possono fraintendere e vederlo come uno strumento di giudizio. Non è però affatto così. Per realizzarlo, abbiamo anche contattato psicologi e persone che si occupano di fare test.

Nel gruppo che ha partecipato al Test c’è anche un uomo. Com’è stato il suo contribuito?

E’ stato soprattutto un confronto. Lui ha infatti avuto sin da subito una mente molto aperta, e si è così proposto di entrare nel gruppo. Noi l’abbiamo subito inserito, anche perché anche lui stava pensando di fare una cosa simile.

Come state pensando di promuovere il Test?

Stiamo recentemente rilasciando delle interviste, e faremo a breve un incontro di presentazione con i tesserati della nostra Associazione.

Quali sono invece le vostre aspettative per il futuro?

Vorremmo innanzitutto che fosse utilizzato nella quotidianità: quando ci viene in dubbio sulla rappresentazione femminile raccontata in un film o in una storia, possiamo provare il Test Amleta. Vorremmo inoltre che venga utilizzato nelle scuole di recitazione o di scrittura creativa, come strumento che accompagni la scrittura. Può essere uno stimolo che aiuti a creare determinate storie e trame, e modificare così i personaggi. Ci piacerebbe che diventasse per le attrici uno strumento di analisi del proprio personaggio e, per chi scrive, un modo per aprire porte che possano costruire delle trame.

Intervista a cura di Stefania Meneghella


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