Dalen pubblica il suo primo singolo Crotone: il brano è uscito in occasione del ricordo – a distanza di 26 anni – della violenta inondazione del 14 ottobre 1996 che colpì appunto Crotone e provocò la morte di sei persone. Il singolo rappresenta infatti un insieme di fotografie che raffigurano anni di alluvioni che continuano a colpire gli abitanti della città calabrese.


Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai scoperto che sarebbe stata la tua strada?

Già da bambino avevo sentito che non c’era cosa migliore della musica. Ho iniziato ad ascoltare sempre di più quello che mi capitava. Crescendo ho deciso più o meno quali potevano essere gli ascolti che mi interessavano, capendo che non c’era una differenza tra musica e musica. Ho capito che esistevano due stili di musica: buona e non buona. Ho così continuato ad ascoltare quella buona, che mi faceva muovere lo stomaco. Ho iniziato a giocare con gli strumenti quando ero adolescente e a viaggiare tanto con la musica: ho fatto tanti viaggi, e questo mi ha permesso anche di innamorarmi della musica antica. A fine 2020, ho poi iniziato a scrivere le prime canzoni e ho rimesso le mani sulla chitarra.

Parliamo del tuo nuovo singolo Crotone: dove nasce l’idea per questo brano?

Crotone nasce dalle acque dell’alluvione del 21 novembre 2020: non possiamo definirla una vera e propria alluvione ma alcuni quartieri della città si sono completamente allagati. Era una giornata autunnale in cui aveva iniziato a piovere normalmente; mi trovavo in un quartiere e ho visto l’immagine di una donna che non riusciva ad arrivare nella sua casa. Questo mi ha trasmesso l’esigenza di scrivere quello che mi veniva nella testa, e di suonarlo: in questo caso la cosa importante è fare musica di urgenza, parlando di storie che devono necessariamente essere raccontate.

Questa canzone parla soprattutto dell’inondazione del 1996 che distrusse Crotone: cosa rappresenta e cos’ha rappresentato per te Crotone?

Sono nato in questa città: ho infatti vissuto intorno a Crotone i primi anni della mia vita. È il primo punto di riferimento sociale con cui ho avuto a che fare. La canzone non parla di un momento preciso, ma sono tanti scatti fotografici che partono da quel momento del 1996 e vanno a filmare la rabbia e la paura della città.

Come ti sei approcciato a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?

Non credo di aver avuto un maestro specifico: ho ascoltato di tutto, e continuo ad ascoltare di tutto. Trap, metal, musica africana, jazz, musica classica, rock, pop. Qualsiasi cosa che ascolto mi trasmette purezza: bisogna anche capire che i grandi sono grandi perché ci sono riusciti per tanto tempo e per tutta la loro carriera. Non credo che esista uno stile.

Hai aperto i concerti di vari artisti italiani: c’è stato un momento in particolare che ti è particolarmente rimasto nel cuore?

Sicuramente questa estate il momento più bello è il momento in cui ho trascorso il backstage insieme ai Sud Sound System. Abbiamo suonato per tutta la notte. Ho sentito la verità che ti arriva in faccia, mentre condividevo quelle ore con loro. Mi sento fortunato ad aver messo fuori un brano e poco tempo dopo a dividere il palco con Alex Britti o i Matia Bazar.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Sto già lavorando al secondo e terzo singolo, ho un tour in preparazione da dicembre-febbraio sia in teatri che in luoghi al chiuso. Farò un tour in varie regioni italiane come Veneto, Emilia, Sicilia, Puglia, Calabria, Lombardia. Alcune date le farò da solo e altre in duo: questa estate ho avuto modo di fare palchi con molto pubblico davanti. Ora voglio fare concerti più piccoli affinché possa presentare le mie canzoni.

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