Christian Olcese è sicuramente un artista a 360°: autore, poeta e regista. Amante del cinema e della comunicazione, crede prima di tutto che sia questo il modo migliore per sconfiggere l’indifferenza in questa società che spesso ci attanaglia.

Sentendosi parte di un mondo sincero e trasparente, ha per questo creato un progetto tutto suo. Mettendoci anima e cuore, si è così tuffato a capofitto in una tematica frequente e fragile allo stesso tempo: il Cyberbullismo. Un fenomeno che colpisce soprattutto gli adolescenti inseriti in un pianeta fatto di tecnologia: un fenomeno di cui spesso non si parla, ma che può colpire le persone più fragili e insicure, e le può addirittura distruggere. Ecco che ha quindi vita “Lottiamo insieme contro il Cyberbullismo“, a cui hanno preso parte anche alcuni personaggi del mondo dello spettacolo (che, con la loro voce, hanno potuto urlare contro questo sistema fatto frequentemente di schermi anziché di sguardi).


Ciao Christian, e benvenuto tra le nostre pagine! L’arte (in tutte le sue forme) fa parte ormai di te. Ma come ti sei avvicinato a questo meraviglioso mondo? C’è stato un momento particolare in cui hai compreso che sarebbe stata la tua strada?

Mi sono avvicinato all’arte quando avevo ventiquattro anni, ovverosia due anni fa. Inizialmente, il mio modo di pensare arte e di concepire arte era legato al concetto di terapia che vive dietro l’arte. Nel senso che, scrivendo il mio primo libro “Venticinque”, ho cercato di liberarmi dalle paure normali della vita. Adesso, invece, piano piano, sto raggiungendo una maturità artistica diversa, eterogenea e volta all’universale, al generale. Credo che tale cambiamento sia normale e sia stato vissuto, anzitempo, da tutti coloro che vogliono vivere con l’arte. Il passaggio da una concezione “particolare” ad una concezione “generale” spaventa ma è necessario. Ho capito che sarebbe diventata la mia strada, quella dell’artista, nel momento in cui trovavo, e trovo, gioia e soddisfazione ogni volta che “lavoravo” e ogni volta che “lavoro”. Ho messo il termine lavoro tra virgolette perché alla fine non è un lavoro ma è una missione, una missione quasi spirituale. E poi, se voglio veicolare le mie concezioni più intime, quelle più nascoste e rabbuiate dalla presentazione che offro di me stesso, posso farlo attraverso la stesura di poesie, mentre se voglio rendere globale la mia visione mi servo dell’audiovisivo.

Passiamo adesso al tuo ultimo progetto: un cortometraggio dedicato al fenomeno del Cyberbullismo. Come ti sei avvicinato a questa tematica e da dove nasce l’idea?

Mi sono avvicinato alla tematica del “Cyberbullismo” semplicemente seguendo i notiziari e i telegiornali e semplicemente capendo che tanti ragazzi e ragazze, e mi sembra utopico dirlo, debbano morire nel 2022 per atti di bullismo, di Cyberbullismo e di Revenge Porn. Allora, essendo giovane e avendo a cuore certe tematiche sociali, ho presentato al mio collaboratore Filippo Castagnola un progetto video che lui ha accolto con entusiasmo. E’ così partito un classico scambio di idee di realizzazione, di idee che potessero risultare terapeutiche ai ragazzi, di idee in fin dei conti di immedesimazione in quel mondo giovanile a me caro. Trovate poi le idee più scuotenti e affini al nostro modo di vedere le cose, ho incominciato a cercare i giusti collaboratori e le giuste persone che potessero sposare la causa e per fortuna le ho trovate in Edoardo Nervi, direttore della fotografia del progetto e in Lea Borniotto, aiuto regista e operatrice del progetto, in Giovanni Martinotti e Martina Olcese (il primo psichiatra e la seconda psicologa) capaci di spiegare, dal punto di vista terapeutico/psicologico, il fenomeno del Cyberbullismo.

Secondo te, qual è il modo migliore per sconfiggere il cyberbullismo nella nostra società?

Non credo esista solo un modo per poter sconfiggere il Cyberbullismo. Credo, invece, che esistano diversi modi e diversi approcci per tentare di arginarlo. Uno di questi è rappresentato dalla comunicazione che deve necessariamente esserci tra genitori e figli. Sembra banale e scontato ma, appunto comunicare in famiglia, risulta importante e imprescindibile per non sentirsi totalmente isolati e maltrattati. Un altro modo potrebbe essere quello relativo allo scoprire che altri ragazzi e ragazze soffrono dello stesso tuo problema: sono anch’essi vittime di Cyberbullismo. Ecco, credo che comunicare in ogni sua forma, senza paure e senza sentirsi derisi, sia il primo macigno da superare. Poi, ovviamente, una volta che si è esposto il problema, è giusto farsi accompagnare da terapeuti, psicologi e da professionisti competenti: la risoluzione di un problema mentale è composta dal capire che si ha un problema, dal parlare del problema e dall’affrontare il problema.

Nel corso del cortometraggio, hanno partecipato vari personaggi del mondo dello spettacolo. Come si sono avvicinati a questo progetto?

Si. Hanno partecipato al cortometraggio Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, Fabio Quagliarella, Capitano della Sampdoria, Yayah Kallon, Calciatore africano del Genoa e Gloria Aura Bortolini, gentilissima e bravissima Fotoreporter e Conduttrice di Rai Uno. Si sono avvicinati al progetto perché anch’essi, come me, avevano a cuore la tematica del Cyberbullismo e perché hanno capito che serviva, soprattutto in tal momento pandemico, lasciare un messaggio d’aiuto e di speranza a tutti i ragazzi, costretti a non potersi relazionare, costretti dalla Dad e costretti ad usare, perentoriamente, la tecnologia. Alla fine, esiste un modo migliore per lanciare un messaggio del genere? Se non usufruendo dei social e della tecnologia? Ormai, come ben sappiamo, conosciamo una persona prima sui social e poi, forse, nella vita reale. Ormai, associamo ad un’immagine, ad un modo di dire, ad un modo di esporsi una personalità, un carattere ben definito. Per cui, visto che siamo abituati a questo “modus operandi”, è giusto che nel nostro immaginario rimanga anche la frase “Lottiamo insieme contro il cyberbullismo”, pronunciata da persone trascendenti e trascinanti.

Credi che il cinema possa essere un buon modo per sensibilizzare queste fragili tematiche soprattutto nei giovani?

Il cinema è assolutamente un’arte capace di contenere tematiche sociali, umanitarie, psicologiche, sociologiche, storiche, filosofiche e via dicendo. Dentro ad un film, ad esempio, si possono nascondere tanti riferimenti, magari velati, ad un determinato postulato, assunto di qualsiasi materia d’interesse. E’ proprio questo il bello: un film, un cortometraggio sono composti da un canovaccio “rigido”, da una storia che deve appassionare e che deve essere portatrice d’ideali dimenticati, mezzo importante per lasciare nell’immaginario comune un sentimento sopito, un sentimento nascosto e riprodotto e reso simbolico, iconico da un attore, da un regista o da uno sceneggiatore.

Come procede la promozione del cortometraggio?

La promozione procede bene anche se, ad oggi, il video è disponibile solo sui social network. Tuttavia, tra non molto, svelerò altre sorprese concernenti il cortometraggio. Io e l’Osservatorio nazionale Bullismo e Disagio Giovanile, ci stiamo muovendo davvero bene e presto porteremo l’estratto nelle scuole italiane e anche in altre importanti sedi.

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Quali sono i tuoi futuri progetti lavorativi? Hai già in mente altre creazioni?

I miei futuri progetti sono eterogenei, come sempre. Da poco ho finito la mia prima opera poetica, intitolata “L’età della Resa”, presto editata con la prefazione di un noto poeta di nome Fabio Strinati. Ho iniziato, poi, un bellissimo corso teatrale tenuto dal mio acting coach, collaboratore, amico Christian Zecca, attore straordinario e genovese come me.  Inoltre, pur lavorando già ad altri progetti audiovisivi, non posso svelare nulla, un po’ per scaramanzia e un po’ proprio per vincoli.

Intervista a cura di Stefania Meneghella

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