Cate (kosmomagazine.it)Cate (kosmomagazine.it)

Cate torna sulla scena musicale italiana con il suo nuovo – e primo – EP Vetro: un progetto, questo, che racconta la difficoltà, la fragilità ma anche la bellezza del vetro. L’artista ce ne ha parlato in questa intervista.


Com’è nato il tuo primo approccio alla musica? Quando hai capito che sarebbe stata la tua strada?

Da ascoltatrice; da piccola avevo in loop i dischi di Jovanotti, Daniele Silvestri e De Gregori in macchina coi miei, poi ho iniziato a suonare il pianoforte a 5 anni, ma non mi piaceva un granché. Alle medie l’ho abbandonato e ho iniziato a strimpellare la chitarra da autodidatta. La prima canzone l’ho scritta a 14 anni, ma sono rimasta a suonare in cameretta fino all’anno scorso praticamente. Ho sempre sognato o forse saputo che volevo fare questo nella vita, l’ho ammesso a me stessa solo lo scorso sei luglio, dopo aver cantato sul palco di Ariete al Rock in Roma. C’è stato un momento preciso in cui ho realizzato che quello era quello che volevo.

Parliamo del tuo nuovo EP Vetro: dove nasce l’idea per questo brano?

È una raccolta di brani molto diversi tra loro, scritti in momenti diversi che parlano di persone diverse e (spero) trasmettono emozioni diverse. Ciò che li accomuna è appunto il “materiale” di cui sono fatti, che per me è il vetro. Ci puoi guardare attraverso, ti ci puoi specchiare, se cade si rompe e poi taglia, a volta ingrandisce, a volte allontana, a volte separa, alla giusta luce brilla.

Cate (kosmomagazine.it)
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Si parla della generazione Z e di quello che i giovanissimi si trovano ad affrontare in questa società. Cosa consiglieresti a tutti i giovani che non riescono appunto a trovare il proprio posto nel mondo?

Non che io sia sicura di aver trovato il mio, ma se c’è un consiglio che mi sento di dare a tutti, adolescenti e non, è di ascoltarsi e di non lasciare che le voci esterne coprano quella che abbiamo dentro. In fondo, sappiamo tutti cosa vogliamo davvero, si tratta di ascoltarsi, capirsi, accettarsi, e avere la forza e il coraggio di mettersi in gioco e provarci, provarci, provarci. E il resto è culo.

Come ti sei approcciata a questo genere musicale? Chi sono stati i tuoi maestri musicali?

Sono cresciuta a pane e cantautorato, soprattutto romano, poi è arrivato il rap: Mostro, Lowlow, Rancore, Salmo, Fibra, Madame, poi Ultimo, punto di riferimento importantissimo per me, e infine l’indie, Ariete, Calcutta, Gazzelle, e una serie infinita di emergenti fortissimi. Penso di avere un pezzo di ognuno di loro dentro, che credo s’intraveda in quello che scrivo.

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Quali sono i tuoi futuri progetti? Puoi anticiparci qualcosa?

Scrivere, scrivere, scrivere. Ho ancora troppa roba da dire. Spero di riuscire a farla uscire tutta.

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