Attore


Recensione Stefi

L’abbiamo visto recentemente nel ruolo di “Philip” nella celebre fiction televisiva “La porta rossa”, e ci ha subito affascinato. Per il suo essere semplice, per il suo volto fresco e per la sua originale simpatia.

Stiamo naturalmente parlando di Pierpaolo Spollon, un attore che lascia il segno per una personalità fuori dall’ordinario e altrettanto originale.

La sua carriera inizia quasi per caso, a seguito di un provino che sostiene nel suo liceo per un ruolo nel film “La giusta distanza” di Mazzacurati. Non viene scelto, ma Alex Infascelli vede il provino e lo fa debuttare in “Nel nome del male”. Dopo aver recitato anche in Terraferma di Crialese si trasferisce a Roma, dove studia con Beatrice Bracco e Gisella Burinato. Arrivano i primi ruoli televisivi (Il giovane Montalbano, Un passo dal cielo, Una grande famiglia), poi nel 2014 la selezione al Centro Sperimentale. E’ nel cast di “Leoni” di Pietro Parolin, dove ritrova il dop Luca Coassin e, nello stesso anno, di “Grand Hotel”. Nei due anni successivi, raggiunge un enorme successo con le fiction “L’allieva” (in cui interpreta Marco) e “La porta rossa” (in cui interpreta, appunto, Philip). Sono tante le emozioni che Pierpaolo riesce a donare, e tra queste c’è sicuramente la voglia di seguirlo in ogni suo ruolo, perché in ognuno di questi c’è sicuramente lui, con le sue innumerevoli sfaccettature.

Lasciamo ora la parola a Pierpaolo con l’augurio più grande di proseguire in questo meraviglioso percorso.


 

D: Come nasce la passione per la recitazione?
R: In realtà sono sempre stato appassionato di film; sin dai tempi delle scuole superiori ne guardavo molti e sognavo di fare il regista. Poi per caso, come le cose più belle secondo me, un regista mi ha visto a scuola e mi ha chiesto di fare un provino. L’ho fatto e da lì è iniziato tutto; pensavo fosse impossibile ma poi non ci ho più rinunciato.

D: Cosa ricordi del tuo primo provino?
R: Ricordo che mi sono state fatte delle domande su cosa pensavo della mia città, e io non ho trovato qualcosa di buono da dire, è stato davvero imbarazzante. Per quanto riguarda il primo provino su parte, invece, ricordo che vidi il regista passare e mentre passava lo guardavo e dicevo tra me e me che avrei preso parte al suo film, ed è successo davvero. Avevo un’ansia tremenda al provino, ricordo che dall’agitazione sudavo tantissimo.

D: In cosa gli studi della recitazione hanno modificato la tua iniziale predisposizione?
R: Nella consapevolezza di ciò che si fa, quasi tutte le persone potrebbero fare qualcosa di adatto alla loro personalità, magari anche meglio di un attore. Quello che c’è invece in una persona che ha studiato è la consapevolezza di quello che si sta recitando. Quando recito c’è sia la mia parte istintiva sia quella consapevole, proveniente appunto dagli studi. E’ come un cavallo che può andare a briglie sciolte o può essere controllato attraverso le redini: il contrasto tra ragione e istinto.

D: Uno dei ruoli che ti ha fatto conoscere al grande pubblico è stato quello ne “L’allieva”. Cosa ti ha colpito del tuo personaggio?
R: In quel caso la libertà. Amo i personaggi che vivono delle situazioni particolari, molto libere e indipendenti, che non si fanno trasportare dalle mode, e questo può portare a non essere capiti. Ciò che ho amato di Philip (personaggio de La Porta Rossa) e Marco è stato il loro mondo e la loro voglia di difenderlo: Marco poco compreso dai genitori, Philip che amava invece le sue passioni.

D: In cosa ti trovi simile al tuo personaggio ne L’allieva? In cosa sei invece distante?
R: Se ci penso ritrovo una sensibilità comune sia in Marco sia in Philip, ed è una caratteristica che mi rispecchia. Poi, come Marco mi piace molto fare festa.

D: Nella fiction “La porta rossa” ti vediamo invece in un ruolo totalmente diverso. Quali sono state le difficoltà che hai riscontrato e i limiti che hai dovuto affrontare grazie a questa fiction?
R: La prima difficoltà è di tipo anagrafico. Il mio personaggio ha 18 anni, mentre nella realtà ne ho 28; è stata una difficoltà e spesso il regista mi faceva notare che in alcune scene potevo sembrare il padre del mio personaggio piuttosto che il personaggio stesso. Ho imparato a parlare un po’ di bosniaco e ho imparato a suonare l’hang (lo strumento che suona Philip nella fiction) grazie a Luca Bertelli, in una sola settimana. Tornare nei panni di un ragazzo di 17/18 anni è stata sicuramente la difficoltà più grande.

D: Qual è un genere che vorresti sperimentare al più presto e nel quale ti vedresti bene?
R: Al momento non ho il fisico, ma mi piacciono da morire i film d’azione; credo che mi divertirei molto e mi ci vedrei davvero bene.

D: C’è un regista o un attore con il quale in futuro ti piacerebbe collaborare?
R: Il mio sogno sarebbe di collaborare con Jacques Audiard, regista de “Il profeta”, “Dheepan – Una nuova vita” e “Tutti i battiti del mio cuore” e Iñárritu. Come attore, invece, direi Joaquin Phoenix; mi fa impazzire.

D: Ci racconti un aneddoto legato ad una delle fiction o dei film che ti hanno visto protagonista?
R: Ricordo di quella volta che mi sono bucato la gamba durante “La porta rossa”. Nella scena del manicomio, quando io e Vanessa entriamo per cercare la madre, c’era un cancelletto da scavalcare con le punte ed essendo umido, sono scivolato.

D: Quali sono i tuoi futuri progetti?
R: Tra quelli ufficiali ci sono “La porta rossa 2” e “L’allieva 2”. Ho inoltre appena finito di girare un cortometraggio per il cinema, che credo sarà disponibile da maggio, su un
ragazzo disabile e il titolo è ancora momentaneo; per il resto sono in fase di provini.


Ringraziamo Pierpaolo Spollon per la sua collaborazione e per il tempo che ci ha donato, augurandogli di continuare a sorprenderci e a sorprendersi.

 

Recensione a cura di Stefania Meneghella
Intervista realizzata da Manuela Ratti

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