Figlio delle stelle, in un’annata piena di incredibili coincidenze: il 2000. Primo atleta del team Italia a conquistare l’oro olimpico a Tokyo 2020, oro al Grand Prix Final a Mosca 2019, oro agli Europei di Bari 2019. Talento, carisma, senso del sacrificio e amore puro per il suo Taekwondo. Ladies and Gentlemen, lui è Vito dell’Aquila.


Ciao Vito, sei nato nel 2000. Stesso anno in cui lo sport della tua vita diventa sport olimpico a Sydney e in cui esce il film sul tuo idolo: Bruce Lee. Uno strano intreccio che sembra segnare il filo di un destino già scritto. Da dove viene questa passione per il Taekwondo?

La passione per le arti marziali me l’ha tramandata mio padre; a Mesagne c’era la palestra di Taekwondo del maestro Baglivo. Non da subito, ma gradualmente mi sono innamorato di questo sport.

Esistono abbastanza aggettivi per poter descrivere l’emozione di aver vinto la prima medaglia d’oro italiana alle Olimpiadi di Tokyo 2020?

Credo che sia difficile descrivere perfettamente a parole le emozioni provate in quei giorni. Una grande scossa di felicità e gioia ogni volta che ci ripenso.

Quale è la tua giornata tipo? Quante ore del tuo tempo dedichi all’allenamento?

La mattina faccio preparazione atletica mentre il pomeriggio facciamo un allenamento tecnico. Saranno 4-5 ore al giorno, senza considerare fisioterapia, stretching, ecc ecc. Mentalmente si è tutta la giornata in modalità ON sul Taekwondo.

È importante invertire il senso di marcia tra sport “maggiori” e sport “minori”. Quali accorgimenti possono essere presi in considerazione, secondo te, per mettere gli sportivi di tutti gli sport allo stesso livello?

Si, sarebbe giusto diminuisse il divario. Tanti accorgimenti potrebbero esser presi. Dare più spazio a questi sport nei giornali e una maggior copertura televisiva almeno nelle competizioni più importanti. Poi sarebbe importante avere una cultura dello sport più solida già a scuola, dove si potrebbe diffondere molto più facilmente uno sport.

Come descriveresti questo sport? Che consigli puoi dare a chi ha cominciato a praticarlo ora e sogna di toccare la cima più alta dell’Olimpo come te?

È un’arte marziale, ma soprattutto uno sport olimpico. Si combatte con i punti e non per mandare a terra il proprio avversario. Rispetto a un normale sport, è caratterizzato dalla marzialità e dalla peculiarità di essere uno sport di combattimento. È uno sport super situazionale ed è questo il bello, ogni gara è a sè. Ci sono tante componenti.

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Che progetti hai per il futuro?

A brevissimo termina il mondiale in Messico, e io ci tengo tantissimo. Poi ovviamente Parigi e poi chissà. Dal punto di vista lavorativo sono nell’Arma dei Carabinieri da oramai 4 anni e li ringrazio per supportarmi. Mi piacerebbe anche diventare giornalista sportivo.

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