Carmen Di Marzo intervista: Il Cuore Inverso, Mare Fuori, la nuova serie di Rai 1. “Sono contraria alle quote rosa, non bisogna premiare qualcuno solo perché è donna”

Carmen Di Marzo è la protagonista dello spettacolo teatrale Il Cuore Inverso, un intenso monologo che racconta una lotta partigiana tutta al femminile. Il debutto romano avverrà i prossimi 28 e 29 ottobre al Teatro Vittoria, all’interno della rassegna A porte aperte. La narrazione è dedicata alla memoria di Iole Mancini, ultima staffetta partigiana deceduta il 2 dicembre 2024 all’età di 104 anni.

Quali sono stati i suoi inizi e come si è approcciata al mondo della recitazione?

Ero molto giovane. Ho iniziato attraverso la danza e, dopo un lungo trascorso da ballerina, mi sono trasferita a Roma. Ho studiato recitazione perché sentivo la necessità di lavorare anche sulla parola e ho scoperto così la mia vera strada; è stato un incontro che mi ha cambiato la vita. Ho lavorato con grandi tournée di prosa e musical, poi con il cinema e la tv. Questo percorso non mi ha più abbandonato ma si è arricchito con il tempo attraverso vari linguaggi. Io ho sempre voluto fare questo: il mio incontro con l’arte non si è mai interrotto, ma si è evoluto.

Quanto la sua formazione iniziale nella danza ha influito nel mondo della recitazione? 

Io ho fatto tanta danza classica, che mi ha trasmesso una disciplina e un rigore che mi sono portata nella recitazione. Ho appreso il metodo, la costanza, la determinazione, non accontentarsi ma cercare sempre un risultato migliore, una certa severità, la padronanza del proprio corpo. Quando ho iniziato a fare i primi spettacoli di teatro, avendo avuto un forte bagaglio legato alla danza, sono salita sul palco e non ho avuto questo impatto con il pubblico che alcuni hanno. La danza mi ha insegnato a vivere: dico sempre che grazie ad essa sono diventata attrice.

Torniamo al presente e allo spettacolo Il Cuore Inverso che la vede protagonista. Cosa l’ha spinta in modo particolare ad accettare di portare in scena la storia di Lauretta e delle staffette?

Da anni volevo portare in scena la storia di una donna partigiana, ma non riuscivo a trovare né il testo giusto né una strada che non fosse troppo abusata, perché questo tema è stato affrontato moltissimo al teatro o al cinema. Quando Nando Vitali mi ha proposto il testo ha intercettato questo desiderio senza nemmeno saperlo, e io quando l’ho letto non ho avuto nessun tipo di esitazione, anche perché era un testo che è incentrato sulla donna e sulla figura femminile di Lauretta.

Intervista a Carmen Di Marzo – kosmomagazine.it

La sua energia è stata un’elemento fondamentale contro le barbarie del fascismo. Senza le donne, la resistenza e tutto quel processo lì non avrebbero avuto lo stesso percorso. Ho quindi trovato nel testo di Nando proprio questo: il mettere al centro la donna e il suo valore.

Una storia che può essere anche reinterpretata in base al periodo storico che stiamo vivendo.

Esattamente, io ho trovato in questo testo una grande attualità, ad esempio per il valore della lealtà e della fedeltà. Tutto quello che sta accadendo oggi, a Gaza o nella missione umanitaria della Flotilla, ci fa capire quanto sia importante restare fedeli ai propri valori umani. Rischiare la vita non era un problema per i partigiani, ma era un senso di coraggio. C’erano donne incinte che affrontavano, con grande disinvoltura, i posti di blocco sorridendo o ammiccando.

Secondo lei, qual è il messaggio più urgente che il pubblico dovrebbe cogliere da questa narrazione?

Credo che la cosa più bella che si possa cogliere da questo spettacolo sia la riscoperta di una coscienza collettiva, oltre che una cooperazione tra uomini e donne. Oggi c’è invece una grande separazione tra i due sessi, si parla di patriarcato in maniera spropositata. Se noi guardiamo quello che facevano i partigiani, notiamo che c’era una cooperazione incredibile, soprattutto senza l’uso della tecnologia. Nel 2025 siamo immersi nel benessere e non riusciamo a comunicare, nonostante abbiamo di tutto e di più. Queste persone soffrivano invece la fame e avevano un senso della squadra. Il messaggio dello spettacolo è quindi quello di cercare l’unione di uomini e donne che, con delle funzioni diverse, all’epoca facevano rete.

Proprio questa separazione tra uomini e donne rovina la società…

Io penso che non si debba fare questa differenza e sono contraria anche alle “quote rosa“. Non bisogna premiare qualcuno solo perché è donna, ma per la qualità del progetto. Appartengo a questo tipo di pensiero, ma purtroppo vedo che ci sono ancora donne che mettono accetto sulle differenza e che promuovono così la distanza.

Cosa si aspetta dal pubblico romano per questo debutto? E cosa spera lasci in chi assisterà alla storia di Lauretta?

Io credo che questo spettacolo possa essere molto apprezzato da tutti target, cioè da persone molto adulte ma anche da nuove generazioni. Non si parla infatti solo di resistenza ma anche di altri temi come la maternità, l’adolescenza, l’infanzia, le ambizioni, i sogni. Attraverso la resistenza, si parla tantissimo dello spettatore. Sono sicura che lascerà un segno. Credo che abbia un gancio con il tessuto sociale: è uno spettacolo senza tempo ma che può sempre avere spazio.

Non solo teatro, il suo è anche un percorso televisivo. Quale dei due mondi preferisce?

Il teatro è stato il mio primo grande amore, ma negli anni ho capito che ogni linguaggio mi insegna delle cose. Il teatro, la tv e il cinema convivono nella mia vita in maniera molto felice.

Intervista a Carmen Di Marzo – kosmomagazine.it

Anche qui non mi piacciono le separazioni: per me esiste l’attore che, in base a quelle che sono le sue esigenze, si adatta e si mette a servizio di quel progetto. Non ho particolari preferenze, perché sono tre settori che contribuiscono alla mia attività di attrice.

Tra i suoi progetti c’è anche quello legato a Mare Fuori. Com’è stato entrare nel cast di una serie di successo? Ha riscontrato difficoltà all’inizio?

Sono stata molto felice di lavorare nel cast di Mare Fuori. Per me è stato un privilegio perché ho incontrato il regista Ivan Silvestrini, con cui avevo già lavorato nel 2018, ed è stato bello ritrovarlo su una grande serialità. Mi sono molto divertita, anche se è stata un’esperienza impegnativa, perché si entra in una lunga serialità se si è di fronte a una macchina collaudatissima. Era già una grande famiglia con dei ritmi specifici: mi sono però tranquillamente inserita. Ho imparato la concentrazione che si deve avere quando si muove una macchina del genere: è tutto molto veloce e bisogna essere strutturati come attore, capire quello che viene detto. Mi sono confrontata con un ambiente di lavoro più complesso, ma entusiasmante.

Quali sono invece i suoi progetti?

Per Il Cuore Inverso sono previste altre date. Inoltre uscirà una serie tv molto bella che ho girato per Rai 1: Roberta Valente – Un Notaio in Sorrento, con la regia di Vincenzo Pirozzi. Nel 2026 debutta un mio testo, che si chiama Dobermann: è un monologo interpretato da Antonella Valitutti, una mia amica e un’attrice bravissima. Debuttiamo a Salerno a fine febbraio, ma riprendo anche Le Gratitudini, un altro spettacolo diretto da Paolo Triestino.

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Stefania Meneghella