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La recitazione è una finestra che si intravede da lontano, fatta di paesaggi e cieli da ammirare; è un mondo che tutti conoscono ma che pochi riescono a comprendere davvero. Il teatro – la prima vera finestra – è un luogo fatto di misteri e conquiste, di scoperte e sguardi. E’ un luogo di persone che creano altre persone, di finzioni che trasformano realtà e di realtà che costruiscono specchi.
Essere sé stessi è la prima regola per salire su un palco e trasformarsi.

14947453_1825764110969003_5172002343827923046_nOggi è con noi Emmanuele Aita, attore prima di tutto teatrale che ci ha spiegato come riesce a immedesimarsi in ciò che interpreta restando completamente e meravigliosamente la persona che è.
Emmanuele si forma presso la Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova dove, nel 2012, consegue il diploma di attore. Nello stesso anno vince il Premio Hystrio alla Vocazione per Under 30. Nel 2013, la sua recitazione riceve una segnalazione speciale a “Scenario” con lo spettacolo “Trenofermo – a – Katzelmacher” e, nel 2015, con il premio UBU per lo spettacolo “Bassa Continua – Toni sul Po” di Mario Perrotta come Miglior progetto artistico e organizzativo. Sono tante le esperienze e le esibizioni teatrali che hanno resa la sua carriera sempre più ricca, tra cui ricordiamo “Il macello di Giobbe” di F. Paravidino e “Amleto” di N. Bruschetta. Recentemente, l’abbiamo visto anche in tv, su rai 1, nella fiction “L’Allieva” in cui ha interpretato il ruolo di Paolone. Nel 2016, è in uscita il film “Le redoutable” di Hazanavicius, in cui interpreta il ruolo di Marco Ferreri.

Ora lasciamo la parola ad Emmanuele Aita, con l’augurio più grande di continuare in questo suo percorso di finzioni che costruiscono realtà.


D: Come nasce la passione per la recitazione?
R: La passione nasce dalla mia famiglia; mio nonno è sempre stato appassionato delle commedie di Eduardo De Filippo. I miei, essendo anche loro attori, mi inserirono inizialmente nella loro compagnia di Palermo. Quindi per me tutto parte dalla famiglia.

D: Quali sono per te le figure che nella recitazione sono state d’ispirazione?
R: La figura per me più importante è senz’altro Eduardo De Filippo, il mio primo punto di riferimento e figura essenziale per la mia formazione. In secondo piano, ci sono poi gli attori Hollywoodiani: da piccolo guardavo spesso i loro film, cercando di capire come facevano ad essere così bravi.

D: Hai interpretato molti ruoli teatrali. Cosa pensi della recitazione di teatro? C’è qualcuno dei personaggi che per te è stato più difficile interpretare?
R: La recitazione teatrale è la mia vita. Secondo me, per ricevere una buona formazione occorre tanto studio e tanta tecnica; il teatro è quindi molto importante, ed è differente rispetto alla recitazione in camera. Il ruolo più difficile che ho interpretato è stato quello de “Il Garzone” nello spettacolo “Il macello di Giobbe” (personaggio difficile ma fantastico). Interpretando “Re Claudio” mi sono invece molto divertito: è stato bello interpretare un personaggio di solito interpretato da persone anziane.

D: Qual è stata l’esperienza tra quelle compiute fino ad ora che più ti ha formato dal punto di vista professionale? Perché?
R: In primis, il diploma presso La Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova, avendo come insegnanti nomi importanti come Anna Laura Messeri e Massimo Mesciulam. In seguito ho avuto anche la fortuna di lavorare con Valerio Binasco e Fausto Paravidino, che sono stati fondamentali per la mia formazione.

D: Ti stiamo vedendo recitare nel tuo primo ruolo televisivo nella fiction “L’allieva” nel ruolo di Paolone. Cosa ti piace di questo personaggio?
R: Quando mi rivedo nelle puntate, rido molto. Paolone è il puro per eccellenza, il classico “pasticcione” buono che si trova in strane situazioni con molta ingenuità.

D: In cosa ti senti affine e in cosa diverso da Paolone?
R: Mi vedo molto simile a Paolone: anche io sono un po’ “pasticcione” e ho una grande passione per il cibo. Ciò che ci differenzia è, invece, soprattutto il mio lato meno timido. Ma, sommariamente, mi è molto vicino caratterialmente.

D: Qual è un ruolo che ti piacerebbe interpretare in futuro?
R: Sono un amante dei personaggi cattivi; dunque mi piacerebbe interpretare un cattivo.

D: Con chi sogni di collaborare in futuro?
R: Il mio desiderio di sempre, il mio sogno nel cassetto, è quello di lavorare affianco a Martin Scorsese e Quentin Tarantino. Tra i registi italiani, mi piacciono molto invece Sorrentino e Garrone.

D: Quali credi debbano essere le caratteristiche che un bravo attore dovrebbe possedere?
R: Innanzitutto l’umiltà e la voglia di mettersi in gioco, di divertirsi, di dare il più possibile al pubblico. Inoltre, immedesimarsi molto nella storia che si recita, inserendo le proprie storie nella recitazione. Un attore, per approfondire il suo lavoro, deve raccontare storie vissute personalmente.

D: Quali sono i tuoi futuri progetti?
R: E’ in uscita un nuovo film dal titolo “Honeymùn” di Salvatore Alloca, in cui interpreto un tamburellista, assieme a Alessio Vassallo e Giandomenico Capaiuolo. Inoltre, fino al 6 novembre, sono in scena con lo spettacolo teatrale “La Cucina”, diretto da Valerio Binasco, con Francesca Agostini (che interpreta Lara ne “L’allieva”). Per concludere, tra qualche mese, sarà in uscita il film “Le redoutable” di M. Hazanavicius, che tratta la vita di Jean Luc Godard, in cui interpreterò il personaggio di Marco Ferreri. E ancora tanti altri progetti teatrali.


Ringraziamo Emmanuele Aita per la sua collaborazione e per il tempo che ci ha donato, con l’augurio più grande di continuare in questo suo percorso di finzioni che costruiscono realtà.

Recensione a cura di Stefania Meneghella
Intervista realizzata da Manuela Ratti
Pubblicazione a cura di Roberta Giancaspro

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