Andrea De Rosa - Un sorriso che racconta

Restare in disparte, ad ammirare sguardi che cercano, sorrisi che creano, persone che osservano; il teatro è quel luogo magico in cui tutto diventa ammirare: il mondo che si trasforma, la vita che assume un senso, l’essere anziché l’apparire. Su un palco, si è davvero sé stessi mentre ci si mostra agli altri, con quei vestiti che solo l’anima indossa, quell’anima osservabile solo quando c’è qualcuno dall’altra parte. Ci sarà sempre qualcuno a cercare un sorriso, ci sarà sempre qualcuno a cercarci, mentre ci sveliamo per quello che siamo.

 Si è svelato per noi oggi Andrea De Rosa, attore e comico, per cui ormai il teatro è luogo magico. Andrea ama ridere e far ridere, portando il pubblico in una nuova dimensione, trasmettendogli una certa leggerezza d’animo.

Andrea De Rosa - Un sorriso che raccontaLa sua carriera inizia all’età di 17 anni quando frequenta un corso annuale di acting presso la “Scuola di Cinema” di Roma e un altro di teatro popolare presso la “Scuola Fiorenzo Fiorentini”; frequenta poi uno stage di cabaret con Antonello Liegi, grazie al quale inizia a lavorare nei locali e nei teatri off di Roma e dintorni, dove apre spettacoli di cabarettisti già affermati. A maggio 2005 scrive e interpreta il suo primo monologo dal titolo “Parzialmente stremato” al teatro Petrolini di Roma. A distanza di pochi mesi, è tra i protagonisti del film “Notte prima degli esami” nel ruolo di Massi, regia di Fausto Brizzi, che riscuote un enorme successo. Mentre continua a scrivere una serie di monologhi e cortometraggi, partecipa a “Distretto di polizia 6” con un divertente cameo, ed è confermato fra i protagonisti del film “Notte prima degli esami – oggi”; l’estate seguente gli viene proposto, nel film “Ultimi della classe”, il ruolo di Michele Robotti, un ragazzo timido alle prese con i primi problemi d’amore e l’incertezza sul futuro. Subito dopo viene scelto da Luca Lucini per essere uno dei protagonisti del suo nuovo film “Amore, bugie e calcetto” in un cast di nomi illustri, come Bisio, Finocchiaro e Pandolfi. A seguire, sono tante le esperienze di De Rosa, tra cui il film “Natale a 4 zampe” con Massimo Boldi e “Una pallottola nel cuore” con Gigi Proietti. Nel 2014 insieme a Valeria Nardilli, scrive e interpreta “Allontanarsi dalla linea gialla”, che va in scena per due stagioni. L’anno successivo torna sul web per essere uno dei protagonisti della mini serie “Il Camerlengo” che tratta il Giubileo straordinario indetto da Papa Bergoglio e organizzato dal goffo Cardinal Walter; la serie, dopo una serie di critiche positive sia dalla stampa sia dal pubblico, si aggiudica il premio “Miglior Regia” alla prima edizione del “Terminillo Film Festival” 2016.

Lasciamo la parola ad Andrea De Rosa, con l’augurio più grande di continuare a svelarsi restando sé stesso.


D: Da cosa nasce la tua passione per il cinema, soprattutto per la commedia?
R: La mia passione nasce sin da piccolo; avevo una predisposizione naturale nel cogliere le cose buffe e comiche della gente, ma soprattutto avevo gioia nel far ridere. Sin dai banchi di scuola ero l’attrazione dei miei compagni di classe: facevo sempre imitazioni. Frequentavo un istituto di suore e riuscivo a cogliere gli elementi buffi nei loro gesti ed atteggiamenti. Da lì in poi ho smesso di vedere cartoni animati e ho iniziato a vedere molte commedie, soprattutto quelle italiane con i grandi attori della commedia all’italiana come Sordi, Mastroianni, Tognazzi e Gassman e i film comici degli anni ’80 che più mi hanno formato come Verdone, Troisi, Nuti, Montesano e Pozzetto; ho avuto quindi il desiderio di fare la loro stessa cosa. Ho studiato recitazione a 18 anni, dopo aver convinto mio padre con una mia esibizione. Volevo capire se la mia fosse una curiosità o una vera e propria predisposizione; attraverso le scuole ho capito che era la mia strada, nonostante dubbi e insicurezze che accadono durante la carriera.

D: Qualche mese dopo superi i provini per la parte di Massi in “Notte prima degli esami” e l’anno successivo per il sequel “Notte prima degli esami…oggi”. In cosa ti rivedevi nel tuo personaggio Massi?
R: Ritengo Massi il personaggio migliore che mi potesse capitare in quel momento poiché molto affine a me in tanti aspetti, nella spontaneità e leggerezza, ma soprattutto rappresenta il prototipo di personaggi che preferisco all’interno delle commedie all’italiana come Borotalco o Febbre da cavallo. E’ stata una grande fortuna per me, non solo quella di aver avuto un riscontro così forte da parte del pubblico, ma quella di aver passato il provino per il ruolo a me più congeniale. Io mi rivedo in lui nel modo di concepire la vita con leggerezza; Massi rappresenta la parte di me più divertente, mi rispecchio nel suo atteggiamento ironico nonostante la malinconia e il tormento presente in tutti gli artisti. Dopo i suoi errori, Massi si assume le sue responsabilità sposando la donna che ama e riflette il prototipo della famiglia media italiana dell’epoca.

D: Allo stesso tempo ti dedichi anche altro sia come interprete che come direttore di uno spettacolo teatrale. Quale credi che sia il mondo a te più affine tra teatro, cinema e televisione? Perché?
R: Non credo sia la piattaforma ad essere importante, ad esempio mi sono molto divertito nella mia ultima opera teatrale scritta e interpretata da me chiamata “Psicomico”. Durante questo monologo mi faccio psicoanalizzare rispondendo alle domande di uno psicologo invisibile; mi è anche molto piaciuto interpretare una web serie chiamata “Il Camerlengo”. Per me conta soprattutto il progetto e il ruolo che mi viene affidato. A livello di magia, amo il cinema per il buio della sala, il grande schermo e perché ti porta verso nuovi mondi.

D: Nel film “ Ultimi della classe”, dove interpreti Michele Robotti, un ragazzo timido con i primi problemi di cuore. Quali sono state le difficoltà nell’interpretare un personaggio così diverso da quello precedente?
R: Le difficoltà ci sono in ogni ruolo; Michele Robotti era il personaggio principale e narratore del film ed è un’altra parte di me: timido, insicuro, emarginato ed inadeguato delle volte. Nel film lui si spaccia per qualcosa che non è, si mostra così per assecondare i modelli proposti dalla società, come approccio sono molto più simile a lui. Massi è il ruolo che amo ricordare, per gli anni ‘80 e i lati fumettistici del personaggio; Michele è invece più fragile, timido e insicuro e non è stato molto difficile interpretarlo.

D: Successivamente ti abbiamo visto partecipare a numerose fiction televisive, come è stato vederti in questi nuovi panni?
R: La fiction che ricordo con più affetto è “ Una pallottola nel cuore”; in quell’occasione, anche se per pochi giorni, ho avuto infatti modo di entrare in contatto con Gigi Proietti, uno degli imperatori del teatro e del cinema italiano. Ho cercato di osservare come lui si approccia al mestiere. La sua grandezza sta nella leggerezza, non ti fa pesare la sua importanza, non ha problemi a mostrare le sue insicurezze; a volte mi chiedeva di fare delle prove per esercitarsi. Il suo approccio è: bambinesco, umile, divertito e sempre curioso.

D: Quali sono i temi che ti piace affrontare nei tuoi monologhi teatrali? Quali sono gli aspetti che sono nel corso degli anni?
R: I miei monologhi cambiano in base ai miei cambiamenti; mentre per le web series, la televisione o il cinema mi chiamano per un determinato ruolo o sostengo dei provini, nel teatro posso esprimere tutto me stesso. Avendo studiato contemporaneamente recitazione teatrale e cinematografica, per sconfiggere la timidezza ho studiato anche cabaret. Dopo il mio debutto al cinema ho usato il monologo per analizzare ciò che mi sta intorno ed i miei relativi cambiamenti. Nascono così tutti i miei monologhi: “Parzialmente stremato” che era un insieme di pezzi di cabaret; subito dopo ho fatto “Senza peli sulla lingua” dove c’erano le prime note di irriverenza verso il potere e il malcostume. Dopo due o tre anni ho interpretato “ La mia generazione dalla A alla Z”, che posso definire come l’evoluzione dei miei primi due spettacoli, ad ogni lettera equivaleva un argomento riguardante la mia generazione affrontato con ironia o con rabbia. Successivo è stato “ Parolacce”, uno sfogo su ciò che mi sta intorno e non comprendo, tra programmi, l’uso dei social e personaggi. “Allontanarsi dalla linea gialla” è invece una situation comedy, la storia di due ex fidanzati che si incontrano alla fermata dei rispettivi treni dopo tre anni dalla loro relazione e rivedono tutto ciò che è stata la loro relazione in quello che dovrebbe essere il loro saluto definitivo. Infine quest’anno sono tornato con “ Psicomico” con il quale vorrei chiudere il cerchio dei monologhi teatrali, evolvendomi come attore. Nella prima parte dello spettacolo lo “psicologo” mi fa sfogare su tutto ciò che secondo me non va, poi però avverto l’esigenza di avere delle risposte minime, quindi lo “psicologo” mi fa partire dalla base, facendomi parlare di me e mi aiuta a dare le giuste conclusioni.

D: Come descriveresti la tua comicità?
R: Penso che dovrebbero essere gli altri a giudicare; la comicità la devi avere dalla nascita, in maniera naturale, non si può essere comici senza determinate caratteristiche. Io esterno una mia esigenza, osservando scene traggo ispirazione per il teatro, o la esaspero per un cortometraggio o un mio personaggio. Per il lato monologhista mi piace descrivermi politicamente scorretto e irriverente e spero di essere anche genuino.

D: Quali sono i tuoi futuri progetti?
R: Ho in cantiere insieme ad altre due persone una commedia sulle osterie, luogo per me importantissimo nel quale poter brindare per una gioia o affogare i propri dispiaceri o dolori, e presenterà 10 o 11 personaggi; vorrei fosse in scena entro fine anno. Sto aspettando inoltre l’uscita di due film: il primo “Maremmamara”, opera prima per il cinema di Lorenzo Renzi e il secondo è “La croce e la stella” di Salvatore Lo Piano. Inoltre c’è una miniserie che sarà trasmessa sul web intorno al periodo di halloween ed è intitolata “6ix” per la regia di Marco Castaldi, Domenico Pisani e Marco Costa che si sono spartiti due episodi a testa.

D: Avresti mai immaginato da bambino di avere una vita come quella che hai ora?
R: Da bambino non avevo idee e prospettive chiare; a 10 anni sognavo di fare l’attore, potevo sperarlo ma mai avrei immaginato, sicuramente mi vedevo proiettato. Ci sono momenti di alti e bassi per gli attori; spesso faccio cose che mi piacciono, altre volte non arrivano risultanti nonostante l’impegno. Credo che ogni attore debba accettare questo tipo di prospettiva perché fa parte sin dal principio di questa carriera; la precarietà ti può abbattere ma è linfa vitale quando le cose iniziano ad ingranare. Attraverso questo mestiere si cerca o si fugge da se stessi; è un modo per canalizzare i propri conflitti interiori, attraverso l’ironia e la risata o con un monologo drammatico. Posso definirlo come un modo per arricchirsi di vita attraverso lo studio dell’animo di altri personaggi.


Ringraziamo Andrea De Rosa, con l’augurio più grande di continuare a svelarsi restando sé stesso.

Recensione a cura di Stefania Meneghella
Intervista realizzata da Manuela Ratti
Pubblicazione a cura di Roberta Giancaspro

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